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Salute Mentale

Il punto della situazione


Inquadramento del fenomeno e fattori che peggiorano le condizioni. L’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS 1948) dichiara che “tutti e tutte, ovunque si trovino, hanno diritto al più alto livello possibile di salute mentale. Ciò include prevenzione, cure accessibili e di buona qualità, libertà, indipendenza e inclusione nella comunità”(1). La pandemia protagonista degli scorsi anni ha messo a nudo le fragilità del nostro sistema sanitario e rappresenta certamente uno stimolo per introdurre radicali cambiamenti nella sanità pubblica e nei processi decisionali. La pandemia da coronavirus è stata dichiarata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità un’emergenza sanitaria di interesse internazionale(2). Il virus ha avuto un impatto diretto e devastante sulla salute fisica e mentale di milioni di persone ma, nonostante la quantità di ricerche in corso, i dati longitudinali che rilevino gli effetti della pandemia in termini di danni causati ad adulti e minori sono ancora pochi. A livello mondiale si stima che i danni da pandemia e i potenziali impatti a lungo termine sul disagio psicologico e sui comportamenti legati alla salute, saranno molto elevati e con effetti di lunga durata che potranno influenzare in modo differente gruppi demografici e persone in funzione della loro vulnerabilità(3). Le ricerche longitudinali che hanno analizzato gli impatti della pandemia da Covid-19 sul disagio psicologico e sul benessere degli adulti hanno rilevato tassi di incidenza elevati, in particolare per quanto riguarda i sintomi legati a depressione, ansia e rischio di PTSD (Post Traumatic Stress Disorder). Alcuni studi si sono focalizzati sull’evidenza relativa alle reazioni psicologiche immediate durante la fase iniziale della pandemia nella popolazione in generale, negli operatori sanitari e nelle popolazioni cliniche, sottolineando la necessità di prestare attenzione ai gruppi a rischio di ulteriore distress e al primo soccorso psicologico, come componente essenziale di assistenza. Uno degli elementi che emerge dalle ricerche è la necessità di trovare un nuovo modello di intervento per affrontare le crisi portate dalla pandemia sul piano psicologico, allo scopo di offrire servizi nuovi, efficaci e tempestivi(4). In questo scenario si aggiunge, a complessificare, l’aumento dei flussi migratori in arrivo e in transito sul territorio italiano e i conflitti attuali scoppiati in alcuni Paesi del mondo che hanno costretto migliaia di persone alla migrazione.

La salute mentale è un diritto universale, ma è un diritto di cui ancora in troppi non possono godere.

Per poter valutare lo stato di benessere mentale, nell’anno 2022 un gruppo do studiosi ha elaborato il Mind Health Index, indice che mira a identificare potenziali situazioni critiche e problemi, per fornire indicazioni sulle azioni possibili da mettere in atto cambiando abitudini e stili di vita per migliorare il proprio benessere, configurandosi anche come strumento strategico a supporto di decisori politici, operatori sanitari, imprese ed individui per un approccio olistico di promozione del benessere delle persone(5). Quattro i profili di salute e benessere mentale definiti dalla ricerca: coloro che combinano benessere sociale, emotivo e psicologico a un livello di soddisfazione massima (Flourishing), coloro che mostrano benessere in alcune aree, ma con una percezione generale meno intensa (Getting by), coloro che non si sentono al pieno delle proprie capacità e manifestano assenza di un benessere positivo (Languishing) e coloro che riportano totale assenza di aree di benessere, per i quali la fatica è associata a disagio emotivo e compromissione psicosociale (Struggling)(6).

L’Italia è il Paese la cui popolazione è più colpita sul fronte della salute mentale: solo il 18% del campione dichiara uno stato di pieno benessere (Flourishing), un dato in calo rispetto allo scorso anno (20%). Come noi, solo i giapponesi. Nel contesto italiano inoltre vi sono anche luoghi, contesti e condizioni sociali che generano sofferenza mentale e rischio di sviluppare disturbi mentali severi. Ci riferiamo alla guerra, alla povertà, alla privazione del lavoro, alle case insalubri, ai quartieri ghetto, alla detenzione nelle carceri di persone che già vivono una condizione di sofferenza mentale incompatibile con la carcerazione, alla mancanza di intervento immediato nelle situazioni a rischio, ai respingimenti in mare e ai centri governativi per immigrati richiedenti asilo. Situazioni e luoghi che generano sofferenza, esclusione, emarginazione che non possono coesistere in un Paese civile.

Accessi alla salute mentale pubblica in Italia nel 2022. Il Rapporto annuale sulla salute mentale indica che nell’anno 2022 le persone psichiatriche assistite dai servizi specialistici in Italia sono state 776.829, ovvero 154,2 ogni dieci mila abitanti adulti(7).

Di questa popolazione fanno parte anche persone migranti e si rileva che l’80% dei richiedenti asilo manifesta sintomi da stress post-traumatico. I Centri di accoglienza straordinaria (Cas) dispongono di risorse limitate per affrontare questo problema. Ancora più drammatica la situazione per chi sviluppa disturbi psichiatrici. L’Oms in più occasioni ha, negli ultimi anni sottolineato, l’urgenza di intervenire nei Paesi membri per concretizzare un cambio di rotta, come anche ribadito nel Piano d’azione globale per la salute mentale 2020-2030(8). Questo perché la salute mentale è direttamente correlata non solo all’aspettativa di vita, ai tassi di morte e suicidi e alla disabilità, ma anche alla produttività, all’assenteismo e al turnover. I suoi impatti, dunque, sono non solo sanitari, ma anche sociali ed economici. È soprattutto una questione di giustizia sociale e di diritto alla salute. In Italia attualmente non esiste ancora una legge che preveda, per esempio, la figura dello psicologo di base. Alcune regioni l’hanno istituita in autonomia, ma manca un piano nazionale che si faccia carico di un problema che continua ad aggravarsi e colpisce principalmente i giovani, specie dopo la pandemia con casi di ansia e depressione in continuo aumento(9).

Criticità e accessibilità della salute mentale pubblica. La portata delle sfide attuali richiede un cambio di paradigma, che faccia della prevenzione il suo centro. Lo stato di criticità in cui versano attualmente la gran parte dei servizi di salute mentale, con scarse risorse di personale e assenza di figure professionali determinanti per i percorsi di ripresa, assenti o insufficienti risorse finanziarie, povertà numerica o inadeguatezza anche strutturale, non adeguata distribuzione sul territorio, generano cronicizzazione con danni rilevanti alle persone che i servizi utilizzano. Oltre a sentimenti di sfiducia e rassegnazione. Sul piano socioculturale poi, la creazione di zone ad alta concentrazione etnica, che si congiungono spesso con fattori di rischio sociale causano una mancanza o una scarsità di collegamenti, di servizi igenico-sanitari, della salute e dell'educazione; precarietà degli alloggi e alta densità abitativa; marginalità. Nelle società con livelli maggiori di disuguaglianza di genere e discriminazione basata sul pregiudizio di genere, vi sono significative barriere all’accesso alle risorse della comunità e all’assistenza sanitaria mentale. Le comunità etniche minoritarie (es. migranti) sono esposte a un’esperienza cumulativa di sradicamento, isolamento, aggressioni dovute a razzismo, che ne compromettono la resilienza e l’autonomia, aumentando così la loro vulnerabilità alla malattia mentale(10).


Raccomandazioni


  • Occorre costruire a livello europeo e locale un sistema di azioni preventive davvero efficaci e capillari, che consentano di promuovere il benessere psicologico di ogni persona ogni giorno dell’anno.


  • Governo e Regioni devono mettere mano alla questione salute mentale e alla questione dei diritti violati, attraverso straordinari interventi finanziari e chiari indirizzi politici culturalmente orientati al rispetto della nostra Carta costituzionale. 


  • Occorre offrire e garantire la presa in carico di situazioni ancora più di vulnerabilità come possono risultare dimensioni transculturali ed etnocliniche.


Note


(1) - 1 Gigantesco A., Minardi V., Contoli B., Masocco M., Depressive symptoms among adults in 2018–2019 and during the 2020 COVID-19 pandemic in Italy, 15 luglio 2022

(2) - Veldhuis et al., 2020

(3) - Ordine degli Psicologi della Lombardia, L’accesso dei migranti ai servizi di salute mentale nel periodo della pandemia da covid-19, autunno 2022

(4) - Ordine degli Psicologi della Lombardia, L’accesso dei migranti ai servizi di salute mentale nel periodo della pandemia da covid-19, autunno 2022

(5) - www.diritto.it/diritto-salute-mentale-adulti-bambini-panoramica/

(6) - Toward a new understanding. How we can strengthen mind health and wellbeing at home, at work and online. The AXA Study of Mind Health and Wellbeing in 2022

(7) - Il rapporto del Ministero 2022

(8) - Ordine degli Psicologi della Lombardia, L’accesso dei migranti ai servizi di salute mentale nel periodo della pandemia da covid-19, autunno 2022

(9) - Zatti, P., “Oltre la capacità”, in Ferrando, G. y Visintini, G. (a cura di), Follia e diritto, Torino, Bollati Boringhieri, 2003, p. 54

(10) - Il manuale internazionale di psicodiagnostica più diffuso e accreditato “dell’American Psychiatric Association”, L’ultima versione è il DSM-V-TR, AA. VV., Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders: Dsm-5, American Psychiatric Publishing, 2013. L’altra classificazione dei disturbi mentali è quella dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’ICD-10 (International Classification of Diseases) approvata nel 1990 durante la 43 Assemblea mondiale della Sanità dell’OMS e utilizzata a partire dal 1994.

Vincenzo “Bobò” Cannavacciuolo

Vincenzo “Bobò” Cannavacciuolo

(Villa di Briano, 1936 - Napoli, 2019)
DOPO 45 ANNI PASSATI IN MANICOMIO, IL TEATRO DIEDE UNA NUOVA VITA A BOBÒ: NATO SORDOMUTO E AFFETTO DA MICROCEFALIA, DIVENNE UNO DEGLI ATTORI PRINCIPALI DELLA COMPAGNIA TEATRALE DI PIPPO DELBONO

“Ci può essere una grande bellezza in persone che la società ha etichettato come matte, down, e via dicendo...”. Queste parole riassumono bene il valore del teatro dell’attore e regista genovese Pippo Delbono. Parole che calzano a pennello quando si pensa a uno degli attori più conosciuti della compagnia di Delbono: Bobò. Con Pippo hanno recitato tanti attori bravi e dal passato illustre, ma nessuno era come Bobò, per alcuni semplici motivi: Bobò era sordomuto, affetto da microcefalia e con problemi di deambulazione e, inoltre, aveva trascorso circa 50 anni nel manicomio di Aversa, dove neanche sapeva cosa fosse, il teatro. Vincenzo Cannavacciuolo nacque in provincia di Caserta nel 1936: aveva un gemello, morto in tenera età. Assistette alla liberazione di Napoli, pochi anni prima di vedere, al contrario, l’inizio della sua personale prigionia. Nel 1952 venne infatti internato nel manicomio di Aversa. L’unico destino apparentemente possibile, per “quelli come lui”. Celati, nascosti agli occhi della società e confinati in spazi chiusi e dai quali si può uscire solo con grandi difficoltà. Calò un velo d’ombra sulla vita di Vincenzo, almeno fino al 1996.


L’incontro con Pippo Delbono, che si trovava nell’istituto di Aversa per un laboratorio teatrale, cambierà la vita di Bobò. E anche quella di Pippo, che notò immediatamente questo ometto piccolo ma dal volto incredibilmente espressivo, sempre sorridente ed estremamente pacifico. Un incontro prezioso in un momento in cui il regista usciva da un periodo difficile dal punto di vista personale. Bobò lo attendeva ogni mattina con una bandierina. Adorava le bandiere, specie quelle delle squadre di calcio. Poi, ogni sera, lo riaccompagnava all’uscita. Finché, un giorno, andarono via insieme. Da allora, Bobò entrò stabilmente nella compagnia teatrale di Pippo Delbono, assunto con regolare contratto e con ruoli sempre di primo piano in ogni spettacolo, sin da uno dei primi, “Barboni”, nel quale recitò come protagonista assoluto.

Perché Bobò non parla, ma ogni suo gesto è poesia; non sente, eccetto alcuni toni molto bassi, ma è sempre attento e non sbaglia mai una scena; non è normodotato ma ha un’espressività più unica che rara. In scena sa essere un boxer, un mafioso, un clown, un sindaco, un prete, un calciatore. È la grande bellezza citata sopra, è un urlo di rabbia contro l’ottusità delle istituzioni psichiatriche, che sopravvive nonostante il tempo sia andato avanti, nonostante Franco Basaglia e la riforma, nonostante i pregiudizi. Bobò, Pippo e tutta la compagnia girano il mondo, visitano l’America Latina, l’Asia e tutti i continenti. E persino la Palestina, in un’esperienza tra guerra e speranza, tra teatro e bombe. Il teatro rimarrà per sempre la sua vita, fino all’ultimo spettacolo, “La Gioia”. Più precisamente fino al primo febbraio del 2019, quando Bobò lasciò per sempre questo mondo. La sua eredità sono i sorrisi, i personaggi e la bellezza che è stato in grado di regalare al mondo.