loaderloading...
Libertà di espressione e di informazione

Il punto della situazione


Il 2022 è stato un anno nero per la libertà di espressione e di informazione in Italia. Sulla base di quanto emerge dal rapporto di Reporter senza frontiere (Rsf), il nostro Paese ha perso ben 17 posizioni, passando dalla quarantunesima alla cinquantottesima, nella classifica che, su centottanta Paesi, misura il tasso di libertà di ogni Stato in relazione al pluralismo informativo, alla stampa, all’indipendenza dei media. L’Italia si colloca al di sotto della Giamaica, della Romania, del Taiwan. Diversi i fattori ai quali addebitare questa situazione. In primo luogo, il ritardo sul piano normativo: nonostante i moniti provenienti dalla Corte costituzionale, il legislatore non è ancora intervenuto. Si rammenta infatti che, in prima battuta con ordinanza n. 132 del 2020 e successivamente con sentenza n. 150 del 2021, il giudice costituzionale auspicava a una riforma della disciplina vigente, allo scopo «di individuare complessive strategie sanzionatorie in grado, da un lato, di evitare ogni indebita intimidazione dell’attività giornalistica; e, dall’altro, di assicurare un’adeguata tutela della reputazione individuale contro illegittime – e talvolta maliziose – aggressioni poste in essere nell’esercizio di tale attività». Ma, ad oggi, nulla è cambiato. Ecco allora che, sempre più spesso i giornalisti, nonostante la pluralità dei mezzi di informazione e di comunicazione, tendono ad autocensurarsi per evitare denunce di diffamazione o altre forme di contestazione. È per tale ragione che, nel mese di luglio 2022, a seguito dell’ennesimo episodio di intimidazione, il Presidente dell’Ordine dei giornalisti ha inviato formale richiesta alle istituzioni, per introdurre nuove norme «affinché minacce e aggressioni ai cronisti siano considerate come aggravanti dei rispettivi reati».



Nell’anno 2022, il disordine informativo ha raggiunto vette ineguagliabili.

La circolazione, con l’estrema rapidità e la capillarità che le nuove tecnologie consentono, di un enorme flusso di informazioni errate, derivanti da fake news e dai c.d. deepfake, ossia foto, video e audio manipolati tramite strumenti di IA, ha riguardato i settori più disparati: dall’economia alla sanità, passando per le questioni attinenti alle competizioni politiche, alle campagne elettorali e persino alla vita del Papa, fino ad arrivare, se non a travolgere, la già drammatica situazione del conflitto russo-ucraino. È la prima volta che, in una guerra, Tiktok è diventata una delle principali fonti di (dis)informazione, provocando non solo una distorsione della realtà, ma effetti potenzialmente pericolosi sul piano delle reazioni e dei comportamenti sociali da parte dei cittadini. È probabilmente per la stessa ragione che il sito del Ministero della Sanità aggiorna periodicamente le informazioni relative al Covid-19, ai suoi sviluppi e alle vaccinazioni. Il problema delle fake news si è posto anche con riguardo alle forme di Intelligenza artificiale, a fronte della possibilità che Chat GPT e altre chatbot consentano la diffusione di informazioni non conformi al vero. Se è noto che le fake news sono sempre esistite, è altrettanto indubbio che la velocità dei mezzi di diffusione in rete e la ricostruzione sempre più verosimile grazie alle sofisticate forme di intelligenza artificiale, rendono la questione molto più problematica e preoccupante.

Un dato positivo: nel corso del 2022, i casi di cyberbullismo sono diminuiti del 30% e risultano indagati 129 minori, sulla base di quanto emerge dai dati resi dalla Polizia di Stato, in occasione del Safer Internet-Day, tenutosi a Roma il 7 febbraio 2023. La situazione è indubbiamente migliorata rispetto ai due anni precedenti: 326 i casi trattati, a fronte dei 464 del 2021 e dei 412 del 2020. Significativo è anche il decremento per ciascun segmento di età: -37% le vittime fino ai 9 anni, -23% tra i 10 e i 13 anni, -31% dai 14 ai 17 anni. Il miglioramento dello scenario è probabilmente imputabile al «continuo lavoro di prevenzione e sensibilizzazione nelle scuole», come rilevato da Ivano Gabrielli, direttore del Servizio Polizia Postale. Non è certo la meta, ma una tappa significativa che funziona da stimolo nella incessante campagna di mobilitazione e responsabilizzazione.


Raccomandazioni


  • Contemperare, attraverso un intervento del Legislatore, la tutela della libertà di espressione con i diritti del singolo, in un contesto in cui i profondi mutamenti, derivanti dall’utilizzo dei social media e di internet, hanno inciso, se non travolto, il pluralismo informativo.


  • Investire sull’“addestramento degli utenti”, in termini di formazione e di alfabetizzazione digitale e algoritmica, per rammentare che proprio i cittadini, quali protagonisti di quel sistema interno e sovranazionale in cui vanno bilanciate le diverse esigenze, sono impegnati in prima linea come artefici e fruitori di quelle notizie che, anche e soprattutto se false, esagerate o tendenziose, giocano un ruolo importante e decisivo in situazioni ordinarie e ancor più in circostanze emergenziali.


  • Per garantire più diritti occorre quindi produrre più sicurezza, passando attraverso una più efficace cultura, declinata in termini di formazione e responsabilità, per rendere i cittadini i protagonisti consapevoli di quell’ordine legale su cui poggia la civile convivenza.


Giuseppe Scalarini

Giuseppe Scalarini

(Mantova 1873 - Milano 1948)
LA STORIA DI GIUSEPPE SCALARINI, IL VIGNETTISTA ODIATO DA MUSSOLINI

Mussolini lo aveva sempre odiato. 

Fin da quando, nel novembre del 1914, lo aveva disegnato nella vignetta “Giuda” dove il futuro duce, armato di pugnale e con in mano i trenta denari, si avvicinava alle spalle di Cristo (il Socialismo) per pugnalarlo alle spalle.

Eppure quella vignetta di Giuseppe Scalarini, oltre ad essere straordinaria sul piano artistico, era assolutamente veritiera. Mussolini, infatti, per fondare il Popolo d’Italia aveva ricevuto ingenti somme da vari imprenditori genovesi e milanesi.

Ma, come in altre occasioni, al padre del fascismo la verità non stava per nulla simpatica. E così quella vignetta di Scalarini se la legò al dito e diversi anni dopo gliela fece pagare. Nel novembre del 1926 Giuseppe venne infatti picchiato selvaggiamente a Milano da un squadraccia di camicie nere. Ne uscì con la mandibola fratturata e con una commozione cerebrale. Dopo un breve periodo in ospedale venne arrestato e condannato dal Tribunale speciale al confino, dove resterà fino al 1929. Tornato a Milano diventerà un sorvegliato speciale, e il regime gli impedirà di firmare qualsiasi opera realizzata.

E dire che Scalarini aveva anche una firma speciale, una specie di rebus, essendo composta dal disegno di una scala e dal suffisso rini. Aveva iniziato ad usarla presto, come presto aveva iniziato a disegnare. Nato a Mantova nel 1873, a sedici anni si diploma alle scuole tecniche e dimostra una grande passione per il disegno che lo porterà, pochi anni dopo, a realizzare la sua prima mostra e a trasferirsi prima a Parigi e poi a Venezia.

Di chiare idee socialiste, la sua crescita artistica andrà di pari passo con quella politica. Finì in breve tempo registrato nei casellari della polizia come “frequentatore di affiliati a partiti sovversivi”, sarà condannato per reati contro lo Stato a causa dei suoi disegni antimilitaristi, tema che accompagnerà tutta la sua produzione e che lo porterà a realizzare vignette per L’Avanti, dove la sua firma compare per la prima volta il 22 ottobre 1911, durante la guerra di Libia. Una collaborazione ricchissima, migliaia di vignette, interrotta solo nel 1926 a causa delle leggi speciali.

L’inutilità della guerra, lo sfruttamento degli ultimi, la violenza fascista, la complicità della monarchia e dei capitalisti nella nascita del regime sono tutti temi che tratta fino a quando non viene arrestato, rischiando più volte la vita, essendo destinatario di varie spedizioni punitive.

Dopo il confino verrà nuovamente arrestato nel '40 e internato nel campo di concentramento di Vasto. Tornato in libertà, dopo l’8 settembre sfugge miracolosamente alla polizia di Salò.

Morirà a Milano il 30 dicembre 1948, dopo aver realizzato una vasta e straordinaria produzione artistica.