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Persona e disabilità

Il punto della situazione


La Commissione Europea ha pubblicato nel mese di marzo 2021 la Strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030(1), un importante documento che si sviluppa a partire dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (CRPD, che è la L. 18/09), la cui adozione “ha segnato una svolta nella definizione di norme minime per i diritti delle persone con disabilità”. La Strategia si apre con una sottolineatura di come l’accessibilità agli ambienti fisici (ambito in cui per l’Italia occorre segnalare l’ancora diffusa assenza dei PEBA e PAU) e virtuali, alle tecnologie, alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), ai beni e ai servizi, compresi i trasporti e le infrastrutture, “è un fattore abilitante dei diritti e un prerequisito per la piena partecipazione delle persone con disabilità su un piano di parità con gli altri”. Nel documento si evidenzia, però, come i circa 87 milioni di persone nell'UE che hanno qualche forma di disabilità “continuano a incontrare barriere importanti nell'accesso all'assistenza sanitaria, all'istruzione, all'occupazione e alle attività ricreative, nonché nella partecipazione alla vita politica. Presentano inoltre un rischio di povertà o esclusione sociale (28,4%) più elevato rispetto alle persone senza disabilità (18,4%)”. La pandemia e le conseguenze economiche che ne sono derivate hanno amplificato ostacoli e diseguaglianze e reso ancor più urgente affrontare tale situazione, sia in relazione alle persone con disabilità inserite in strutture residenziali, sia per quelle che vivono all'interno della propria comunità e a casa propria, ma che “risentono della prestazione limitata dei servizi alla persona, che può mettere in pericolo la possibilità di vivere una vita indipendente”.

Le considerazioni della Commissione Europea richiamano i dati comunicati nell’audizione dell’Istat presso il Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, in cui dopo aver fornito un quadro della situazione italiana dove “le persone con disabilità sono 3 milioni e 150 mila (il 5,2% della popolazione) […] quasi 1 milione e mezzo di ultrasettantacinquenni (il 22% della popolazione in quella fascia di età) si trovano in condizione di disabilità e 1 milione di essi sono donne”, si sottolinea “una condizione di maggior disagio economico delle famiglie con disabili: il 28,7% di esse è in condizione di deprivazione materiale contro il 18% medio nazionale […] il 43,6% delle famiglie con disabili dichiara di arrivare a fine mese con difficoltà, con una variabilità territoriale tra il 35,9% nel Nord e il 52,2% nel Mezzogiorno, evidenziando un disagio decisamente maggiore per queste famiglie”.





C7. Grafico 2 /A • Famiglie in condizione di deprivazione materiale. Anno 2017 




C7. Grafico 2/B • Grado di difficoltà ad arrivare a fine mese per ripartizione. Anno 2017



È importante notare come nella prima parte dell’audizione il Presidente dell’ISTAT si sia ampiamente soffermato sull’impegno relativo all’accessibilità e disponibilità di una completa e corretta informazione statistica, coerentemente con quanto richiesto dall’articolo 31 “Statistiche e raccolta dei dati” della CRPD: “Gli Stati Parti si impegnano a raccogliere le informazioni appropriate, compresi i dati statistici e i risultati di ricerche, che permettano loro di formulare ed attuare politiche allo scopo di dare attuazione alla presente Convenzione”. In particolare, si segnala la costituzione del Registro sulla disabilità che dovrebbe rispondere a due esigenze informative: “la stima della prevalenza della disabilità, da un lato, e la caratterizzazione dell’inclusione sociale delle persone con disabilità, dall’altro”. Sarebbe importante una pronta realizzazione di tali iniziative che, tra l’altro, risponderebbero a criticità evidenziate da più parti negli ultimi anni, come nel “Secondo programma d’azione per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità”(2) dove si individuava tra le principali sfide l’urgenza dello sviluppo del sistema statistico e di reporting sull’attuazione delle politiche, e come nelle Osservazioni Conclusive delle Nazioni Unite al primo rapporto dell’Italia sull’applicazione della CRPD(3) in cui si dichiarava preoccupazione “riguardo alla disponibilità e alla qualità della raccolta di dati disaggregati per disabilità, sesso ed età, nelle indagini statistiche e nei censimenti della popolazione generale”.

Nella prima parte dell’anno la FISH provava a tracciare, nel manifesto/denuncia “Niente su di noi, senza di noi”, un bilancio delle politiche adottate fino a quel momento, soprattutto in relazione alla pandemia, nei confronti delle persone con disabilità e dei loro familiari, caregiver e assistenti personali, in cui si lanciava l’allarme sul fatto che gli importanti risultati che erano stati ottenuti, negli anni, sul terreno dell’inclusione lavorativa, sociale e scolastica, si stessero via via smantellando, restituendo un Paese “che è diventato meno accessibile, sempre meno accogliente e sempre più egoista”. Un paese in cui le persone con disabilità non sono ancora considerate come una risorsa: “siamo ancora più consapevoli di prima che abbiamo soltanto sulla carta gli stessi diritti, gli stessi doveri, le stesse opportunità e le stesse responsabilità di tutte le altre persone”.

Amare considerazioni che sembrano confermate dai risultati di una significativa indagine “Osservatorio cittadini e disabilità”, realizzata nell’autunno da SWG per l’Associazione Premio Bomprezzi, finalizzata ad analizzare la percezione da parte dell’opinione pubblica italiana della realtà della disabilità e da cui emerge come vi sia: “una non piena conoscenza di questa realtà, una permanenza significativa di una presa di distanza o non accettazione, una consapevolezza di muoversi poco in modo inclusivo, un riconoscimento di esigenze inevase”. In particolare, per quanto riguarda la percezione di quanto fa lo Stato e gli stessi cittadini per la piena inclusione delle persone con disabilità, si rileva come si faccia “poco o nulla” per i 3/4 delle persone intervistate, evidenziando “un auto giudizio dei cittadini severo nei loro stessi confronti”. Nelle conclusioni si sottolinea come questo potrebbe essere “un dato di partenza se darà luogo a una riflessione che coinvolge tutta la società italiana”.



C7. Grafico 3 • Lo Stato, i cittadini e l’inclusione: Lei ritiene che lo Stato e i cittadini, in generale, facciano molto, abbastanza, poco o nulla per la piena inclusione delle persone con disabilità nella società italiana ?



A fine anno è stata convocata a Roma la VI Conferenza nazionale sulle politiche della disabilità, promossa dalla Ministra per le disabilità Erika Stefani, che ne ha sottolineato l’importanza come “occasione per presentare le politiche per la disabilità nel PNRR, a partire dalla Legge delega sulla disabilità”. La Legge  22 dicembre 2021, n. 227 “Delega al Governo in materia di disabilità”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 31 dicembre 2021, prevede, entro venti mesi, l’adozione di “uno o più decreti legislativi per la revisione e il riordino delle disposizioni vigenti in materia di disabilità […] al fine di garantire alla persona con disabilità di ottenere il riconoscimento della propria condizione, anche attraverso una valutazione della stessa congruente, trasparente e agevole che consenta il pieno esercizio dei suoi diritti civili e sociali, compresi il diritto alla vita indipendente e alla piena inclusione sociale e lavorativa, nonché l'effettivo e pieno accesso al sistema dei servizi, delle prestazioni, dei trasferimenti finanziari previsti e di ogni altra relativa agevolazione, e di promuovere l'autonomia della persona con disabilità e il suo vivere su base di pari opportunità con gli altri, nel rispetto dei principi di autodeterminazione e di non discriminazione”. Gli ambiti di intervento previsti sono i seguenti: a) definizione della condizione di disabilità nonché revisione, riordino e semplificazione della normativa di settore; b) accertamento della condizione di disabilità e revisione dei suoi processi valutativi di base; c) valutazione multidimensionale della disabilità, realizzazione del progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato; d) informatizzazione dei processi valutativi e di archiviazione; e) riqualificazione dei servizi pubblici in materia di inclusione e accessibilità; f) istituzione di un Garante nazionale delle disabilità; g) potenziamento dell'Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri; h) disposizioni finali e transitorie.

La “legge delega” è collegata agli interventi previsti dal Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (PNRR), che nella Missione 5 fissa la Riforma 1 “Legge quadro sulle disabilità” finalizzata a realizzare una riforma della normativa sulle disabilità nell'ottica della de-istituzionalizzazione e della promozione dell'autonomia delle persone con disabilità. Il PNRR, inoltre, nella sua prima parte, quella relativa agli obiettivi generali, afferma che l’attenzione per le persone con disabilità caratterizza tutto il PNRR, in linea con la convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità e sottolinea come “Spesso l’onere di garantire un livello di vita adeguato alle persone con disabilità è a carico delle famiglie e colpisce soprattutto quelle con redditi più bassi. Le misure adottate per il contenimento del contagio durante la pandemia, hanno colpito soprattutto le fasce più fragili della popolazione, tra cui le persone con disabilità”(4).

La legge delega è stata accolta con favore, soprattutto in relazione alle sue potenzialità, ma anche con la consapevolezza della necessità di monitorare l’effettiva realizzazione nei tempi stabiliti delle misure e degli interventi previsti perché tale normativa non resti solo sulla carta. Tale consapevolezza accompagna anche la Legge 10 novembre 2021, n. 175, meglio nota come Testo Unico sulle Malattie Rare, il cui iter si è concluso dopo oltre tre anni ed è stato accolto con soddisfazione dall’OMAR (Osservatorio Malattie Rare): “finalmente una Legge dello Stato, la prima che definisce organicamente le malattie rare, i diritti di chi ne è affetto e il quadro organizzativo”.

L’iter di un altro provvedimento legislativo, il DDL Zan, che avrebbe esteso l’ambito di applicazione delle sanzioni già previste dalla Legge Mancino e che era finalizzato a prevenire e contrastare le violenze e le discriminazioni per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità (abilismo) ha, invece, avuto un esito negativo. A fronte del numero elevato e della gravità degli episodi di discriminazioni e violenze subiti dalle persone con disabilità nel corso degli anni, sempre più spesso diffusi anche sui social, prima del suo affossamento a ottobre, il DDL Zan era stato particolarmente seguito e sostenuto con speranza da più parti, come dal Consiglio nazionale della FISH che, nel deliberare la propria posizione di sostegno al DDL Zan, evidenziava come le persone con disabilità siano particolarmente “esposte a insulti e disprezzo che si traducono spesso in comportamenti discriminatori originati da pregiudizi e stereotipi ... per questo servono leggi, norme, ma anche risorse investite in maniera adeguata. Serve anche creare consapevolezza tra le persone contro i crimini d’odio, serve una strategia per il contrasto alle discriminazioni verso le persone con disabilità. In altre parole, c’è bisogno di una autentica operazione culturale per garantire realmente l’inclusione e le pari opportunità nel nostro Paese”.

Una riflessione necessaria e fondamentale soprattutto nell’anno di uno straordinario successo di medaglie e di pubblico alle paralimpiadi che, come affermato da Luca Pancalli, presidente del CIP, “servono ad accendere una luce” che non deve essere sprecata e che dovrebbe spingere ad affiancare alle iniziative politico-economiche e alle necessarie misure urgenti, l’avvio di “una battaglia culturale, una pratica educativa, una tensione morale”(5), in una prospettiva trasversale e intersezionale, per la realizzazione di una società realmente “inclusiva, accessibile e sostenibile”, in cui sia riconosciuto il valore del contributo di ogni persona e in cui siano garantiti sempre il pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutte e tutti.


Paradigma del confinamento vs Diritto alla vita indipendente


L’importanza dello sviluppo della Vita Indipendente (art. 19 CRPD) e del correlato rafforzamento dei servizi a livello della comunità hanno ricevuto ampio spazio dalla Commissione Europea nella Strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030, in cui si delinea, seppur in modo sintetico, una quadro della situazione attuale molto chiaro: “Le persone con disabilità, giovani e anziane, hanno diritto come gli altri a vivere una vita indipendente e a essere incluse nella comunità, con pari possibilità di scelta riguardo a dove stabilire la propria residenza, a con chi vivere e come. […] Molte persone con disabilità, adulti e minori, sono tuttavia isolati dalla vita della comunità e non hanno controllo della loro vita quotidiana, soprattutto coloro che vivono negli istituti(6). Tale situazione è determinata principalmente dall'insufficiente prestazione di servizi adeguati a livello della comunità, di sostegno tecnico e all'alloggio, nonché dalla limitata disponibilità di supporto per le famiglie e per l'assistenza personale, anche nell'ambito della salute mentale(7). La pandemia di COVID-19 ha messo in evidenza e inasprito le difficoltà cui devono far fronte le persone che vivono negli istituti”.

Non è un caso che nella Relazione al Parlamento 2021(8)il Garante nazionale delle persone private della libertà, abbia dedicato particolare attenzione alle residenze per anziani (RSA) e per persone con disabilità (RSD), evidenziando come anche quando in tali strutture la prevenzione del contagio è stata effettiva, ne è risultata una tutela essenzialmente biologica della vita “svincolata da quel concetto ampio della persona e della vita stessa a cui fanno riferimento gli strumenti di tutela dei diritti umani, a livello nazionale e internazionale (in particolare la CRPD, l. 18/09, ndr)”. L’analisi del Garante prosegue sottolineando come tale situazione non sia da leggere solo in relazione alla pandemia, ma sia indice della latenza, correlata a queste strutture e al loro funzionamento ma non solo, di una sorta di “paradigma del confinamento e del non riconoscimento del diritto all’autodeterminazione possibile, quantunque residuale, in ogni persona, indipendentemente dal limite della possibile estensione del residuo stesso”.

Nel corso dello svolgimento della sua attività di monitoraggio delle strutture residenziali il Garante ha, inoltre, ritenuto di dover sostenere personalmente, con una Raccomandazione Ufficiale alla Procura del Tribunale di Lecco, le richieste di libertà di Carlo Gilardi, un professore novantenne deportato contro la sua volontà alla fine del 2020 in una RSA a Lecco e che ha confermato nel corso di due incontri nel 2021 la “sua ferma e persistente opposizione alla propria permanenza nella struttura”. Secondo il Garante tale situazione “evidenzia il conflitto tra la volontà della persona e le decisioni adottate in ragione di una sua tutela che finisce col determinare una privazione di fatto della sua libertà personale”, dando luogo ad una situazione che “non è ulteriormente sostenibile” perché può porre ‘seri problemi relativamente ai diritti fondamentali di libertà’”. Su questo aspetto deve interrogare la tragica storia di Giuseppe Carluccio, una persona di 91 anni descritta come lucida e cordiale, che il 3 giugno 2021, nel tentativo che aveva pianificato di evadere da una RSA a Robbio, in provincia di Pavia, in cui era stato inserito dopo la scomparsa della moglie nel mese di settembre 2020, si è calato da una finestra con un tubo di gomma, è scivolato ed è morto in ospedale.

Il paradigma del confinamento non riguarda solo l’inserimento in RSA e RSD, ma anche in altre tipologie di strutture residenziali. Impone una riflessione in tal senso un’altra vicenda emersa nel corso del 2021, quella di Yaska, una giovane donna con disturbo mentale, sottratta alla famiglia nel 2015, inserita da allora in una comunità psichiatrica, successivamente interdetta e poi costretta ad abortire nel 2019, nonostante avesse manifestato la volontà di proseguire la gravidanza. L’associazione Diritti alla Follia che offre supporto legale alla famiglia ha più volte denunciato la sistematica violazione dei diritti umani cui la donna è sottoposta sia in ragione della sua disabilità, sia in ragione del suo genere e sono tanti gli aspetti di questa storia che appaiono in contrasto con la CRPD che è la Legge 18/09.

Storie emblematiche di un contesto che “rischia di determinare una istituzionalizzazione inaccettabile” delle persone, spesso in relazione a una mancata risposta alle richieste di maggior sostegno negli ambienti e nei luoghi di vita, offrendo esclusivamente (o imponendo) “strutture non di supporto ma di sostituzione della propria possibilità di autodeterminazione fino a giungere in casi limite, all’inserimento in servizi residenziali”. In questi casi, sottolinea il Garante “l’azione protettiva della legislazione sociale assume il carattere prescrittivo e il luogo dell’ospitalità diviene l’unico in cui la società gli consente di vivere”.

Se la Commissione Europea ha ribadito che “La pandemia di COVID-19 ha messo in evidenza e inasprito le difficoltà cui devono far fronte le persone che vivono negli istituti”, bisogna ricordare che tali criticità erano preesistenti e denunciate da più parti nel corso degli anni, come dal Comitato ONU che nel 2016, nelle sue Osservazioni Conclusive al primo Rapporto sull’implementazione della Convenzione ONU in Italia(9), esprimeva preoccupazione per la “tendenza a re-istituzionalizzare le persone con disabilità e per la mancata riassegnazione di risorse economiche dagli istituti residenziali alla promozione e alla garanzia di accesso alla vita indipendente per tutte le persone con disabilità nelle loro comunità di appartenenza”, e come è stato richiamato più volte nel Rapporto sui Diritti, in particolare nel Memorandum di legislatura 2018(10) in cui si evidenziava come “rispetto sia alla promozione e applicazione dell’articolo 19 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità (Vita indipendente e inclusione nella società), sia alla garanzia della libertà di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza, poco o nulla è stato fatto. Le risorse per la vita indipendente e per l’assistenza domiciliare continuano a essere connotate da precarietà e residualità rispetto ad altri tipi d’intervento”.

Forse le avvisaglie di un possibile, seppur tardivo, cambio di rotta possono rilevarsi nei principi e criteri direttivi della recente Legge 22 dicembre 2021, n. 227 Delega al Governo in materia di disabilità, dove all’articolo 2, D. 12 e 13 si prevede che, nell'ambito del progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato diretto ad assicurare l'inclusione e la partecipazione sociale, compreso l'esercizio dei diritti all’affettività e alla socialità, possano essere individuati sostegni e servizi per l'abitare in autonomia e modelli di assistenza personale autogestita che supportino la vita indipendente delle persone con disabilità in età adulta, favorendone la deistituzionalizzazione e prevenendone l'istituzionalizzazione(11). A questo fine si richiede, inoltre, di “prevedere eventuali forme di finanziamento aggiuntivo e meccanismi di riconversione delle risorse attualmente destinate all'assistenza nell'ambito di istituti a favore dei servizi di supporto alla domiciliarità e alla vita indipendente”.

Nel PNRR, pur con tutti i limiti di tale documento, si individuano, quindi, specifiche linee di intervento dedicate alle persone con disabilità e anziane ponendo tra le priorità trasversali il “rafforzamento dei servizi sociali territoriali finalizzato alla prevenzione dell’istituzionalizzazione” (Missione 5), e più nello specifico si prevede un fondo per la riconversione delle RSA e delle case di riposo in gruppi di appartamenti autonomi, e “un rilevante investimento infrastrutturale, finalizzato alla prevenzione dell’istituzionalizzazione attraverso soluzioni alloggiative e dotazioni strumentali innovative che permettano di conseguire e mantenere la massima autonomia, con la garanzia di servizi accessori, in particolare legati alla domiciliarità, che assicurino la continuità dell’assistenza, secondo un modello di presa in carico socio-sanitaria coordinato con il parallelo progetto di rafforzamento dell’assistenza sanitaria e della rete sanitaria territoriale”, previsti nella componente 6 Salute, in cui si delinea una prospettiva “di riforma ai fini di un approccio finalizzato ad offrire le migliori condizioni per mantenere o riguadagnare la massima autonomia possibile in un contesto il più possibile de-istituzionalizzato”.

È evidente l’attenzione a promuovere la de-istituzionalizzazione e a evitare processi di istituzionalizzazione non appropriata, prevedendo al contempo, quando la permanenza in un contesto familiare non è più possibile, la progressiva riqualificazione e riconversione delle strutture residenziali in gruppi di appartamenti autonomi e/o in altre soluzioni abitative in cui sia garantita dignità, autodeterminazione e la massima autonomia per le persone.

A fronte però di un quadro normativo in evoluzione, purtroppo le cose sembrano continuare ad andare in altra direzione, come testimoniato dalla recente dichiarazione di compatibilità ai fini dell’autorizzazione, da parte della regione Marche, di una struttura per la realizzazione di un “complesso sanitario” di 3 palazzine per un totale di 175 posti (155 residenziali e 20 diurni), destinati ad anziani non autosufficienti e con demenza, persone con disabilità e persone con disturbi mentali. Molte le proteste contro questa decisione e diverse associazioni (ANGSA, UILDM, ACLI, GRUSOL, …) hanno promosso un appello per la revoca dell’autorizzazione che si apre con l’amara considerazione di come “L’emergenza coronavirus di questo anno e mezzo non ha fermato il percorso volto alla concentrazione dei servizi diurni e residenziali ed alla conseguente emarginazione dei soggetti più deboli (disabilità, salute mentale, persone con demenza, anziani non autosufficienti)”.

Come sottolineato da Maria Grazia Giannichedda, sociologa e storica collaboratrice di Franco Basaglia, vi è un aspetto economico che rallenta e ostacola le possibilità di cambiamento: “le residenze assistenziali costituiscono per il privato un grande affare, che in questi anni è cresciuto in modo vistoso e incontrastato, mentre l’offerta di servizi di prossimità, finora a gestione pubblica o del privato sociale, è regredita o entrata in sofferenza. Secondo dati del ministero della salute, nel decennio 2007- 2017 le residenze assistenziali sono aumentate del 44%, da 5.105 a 7.372, e mentre nel 2007 le residenze assistenziali private erano il 72,8% del totale, nel 2017 sono diventate 6.070, cioè l’82,3% del totale”.

Osservazioni che trovano una conferma nei recenti risultati dell’indagine della Rete europea degli osservatori aziendali (ENCO) “Caring for profit”, in cui si offre una panoramica dei paesi europei per grado di commercializzazione dei letti ospedalieri e delle case di cura, dimostrando che, pur con variazioni considerevoli da paese a paese dei posti letto privati a scopo di lucro, ovunque “questa quota del settore for-profit è in costante crescita”. Negli ultimi 5 anni i dati delle grandi aziende analizzate nel settore dell'assistenza agli anziani hanno registrato un tasso di crescita medio annuo del fatturato prossimo al 10%. In Italia, oltre ai gruppi nazionali KOS e Gruppo San Donato, dominano il mercato i player tedeschi e francesi. L'importanza economica di questo settore ne fa una massiccia fonte di profitto che assorbe una cospicua quota della spesa sanitaria in Europa e favorisce, in particolare, la crescita dei più grandi gruppi societari, “in linea con la volontà della Commissione Europea di creare campioni europei in grado di competere con le più grandi aziende del mondo”. Nelle conclusioni della presentazione del Rapporto si sottolinea come sostegno pubblico e crescita economica delle strutture di assistenza “for profit” si accompagnino a criticità e controversie crescenti, amplificate dalla pandemia, sollevando una domanda: “dovremmo lasciare che aziende private, il cui obiettivo è il profitto finanziario, si prendano cura della nostra salute e si prendano cura di noi nella nostra vecchiaia?”. Probabilmente, come sottolineano gli stessi ricercatori, “la risposta è già nella domanda”.


La sistematica privazione del diritto di lavorare


L’eurodeputata Katrin Langensiepen nel mese di febbraio 2021 ha presentato al Parlamento Europeo la “Relazione sull’applicazione della direttiva 2000/78/CE” del Consiglio che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro alla luce della UN CRPD (Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità)(12)”. Particolarmente significative e chiare le parole introduttive della relatrice al documento stilato dalla Commissione per l’occupazione e gli affari sociali del Parlamento Europeo: “Avere un lavoro è essenziale per la nostra vita. È fondamentale per avere rapporti interpersonali, guadagnare i mezzi finanziari necessari per condurre una vita sana e felice, realizzare il nostro potenziale umano, integrarci nella società. Tuttavia, noi, persone con disabilità, siamo sistematicamente private del nostro diritto di lavorare”.

Affermazione che, purtroppo, rispecchia la situazione dell’Italia in cui, secondo il rapporto ISTAT del 2019 “Conoscere il mondo della disabilità: persone, relazioni e istituzioni(13), risulta un “rilevante svantaggio” delle persone con disabilità nel mercato del lavoro: “È occupato solo il 31,3% delle persone tra i 15 e i 64 anni con limitazioni gravi contro il 57,8% delle persone senza limitazioni, nella stessa fascia di età. Lo svantaggio è ancora più netto per la componente femminile – risulta occupata solo il 26,7% delle femmine con disabilità mentre per i maschi la quota sale al 36,3% – uno scarto che ripropone le storiche differenze di genere nei livelli di occupazione”.

La presentazione della Relazione all’Europarlamento si concludeva con la sottolineatura di come la nostra società sia “diversificata e la diversità è un valore e una forza che ci aiuterà ad affrontare le sfide locali e globali in continua evoluzione, […] nel prossimo futuro riusciremo a vedere i vantaggi di avere luoghi di lavoro inclusivi e di vivere in una società inclusiva, e che, tutti insieme, renderemo onore al nostro motto ufficiale dell’Unione: Unità nella diversità. Tuttavia, c’è ancora un lungo cammino davanti a noi”.

L’amara considerazione finale sembra essere confermata, oltre che dai dati ISTAT, anche dal documento, la  IX Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 68/99 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”, presentato nel mese di febbraio 2021 dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e realizzata in collaborazione con INAPP sulla base dei dati 2016-2018. Pur analizzando un periodo precedente alla pandemia Covid-19 e alle sue inevitabili ricadute negative anche in quest’ambito, il quadro della situazione che risulta dalla Relazione sembra già particolarmente preoccupante. Emerge, infatti, come per le 733.708 persone con disabilità iscritte all’elenco del collocamento mirato nel 2018 (dato poi aggiornato statisticamente a circa 900.000), la condizione occupazionale prevalente sia lo stato di disoccupazione, le assunzioni a tempo determinato costituiscano la modalità contrattuale principale e la quota delle donne assunte sia sempre inferiore a quella degli uomini.



C7. Grafico 4 • Avviamenti e assunzioni degli iscritti nell'elenco del collocamento mirato presso datori di lavori pubblici e privati (v. ass.). Anni 2006-2018



Per quanto riguarda le persone con disabilità già impiegate (dove continua a esserci una grave disparità a sfavore delle donne: 41,2% di occupate rispetto al 58,8% degli uomini), dalle dichiarazioni PID (il Prospetto Informativo Disabili in cui si quantificano le quote di riserva previste dalla normativa), risulta che sul totale di 90.603 imprese private che hanno effettuato le dichiarazioni, il 45,5% denuncia la presenza di posti riservati a lavoratori con disabilità non coperti (scoperture). Sul versante degli enti pubblici sono 4.864 le dichiarazioni PID presentate, con una percentuale di soggetti con scoperture pari al 33,1%. Su un numero totale di 501.880 posizioni potenzialmente dedicate alle persone con disabilità ne risultano, quindi, scoperte 112.365 nel privato e 32.847 nel pubblico (144.852 complessivamente, circa il 30% dei posti). Una cifra particolarmente elevata e ingiustificabile che, come affermato dall’eurodeputata Katrin Langensiepen, pare essere in buona parte imputabile al fatto che “spesso i datori di lavoro preferiscono pagare una multa piuttosto che assumerci”. A livello di genere continua, inoltre, ad esserci una grave disparità a sfavore delle donne (41,2% di occupate rispetto al 58,8% degli uomini).





Soffermando l’attenzione, poi, sulle ricadute della pandemia su questa situazione già difficile nel Rapporto 2021 dell’INAPP (Istituto Nazionale Analisi Politiche Pubbliche) “Lavoro, formazione e società in Italia nel passaggio all'era post Covid-19”(14), si evidenzia come ci sia stato “un impatto fortemente diseguale sugli individui, le classi sociali e i settori economici a seconda delle condizioni eterogenee di partenza” e, in particolare, “un impatto fortemente eterogeneo sulle categorie di lavoratori maggiormente esposti a condizioni di fragilità, quali giovani, donne, lavoratori maturi, lavoratori con disabilità e immigrati”. Particolarmente preoccupanti le ripercussioni evidenziate per i lavoratori con disabilità che sono stati, e continuano ad essere, esposti “a elevati rischi di emarginazione sul posto di lavoro o di espulsione, poiché ritenuti non idonei alle nuove modalità di lavoro imposte dall’emergenza pandemica o non prioritari all’interno delle strategie di sopravvivenza delle imprese in crisi”. Il rapporto chiude sottolineando come l’intensità e la direzione nei prossimi anni delle trasformazioni e dell’impatto fortemente disomogeneo della pandemia sulle diverse categorie di lavoratori, in particolare su quelli maggiormente esposti a condizioni di fragilità “dipenderanno in modo cruciale dalla capacità di intercettare e orientare i processi in corso e di predisporre strategie di policy rivolte non solo al superamento dell’emergenza contingente ma anche e soprattutto al consolidamento di traiettorie sostenibili e qualitativamente virtuose su un orizzonte temporale di medio e lungo periodo”.

Come ribadiva nella sua relazione al parlamento europeo Katrin Langensiepen sembra che ci sia “ancora un lungo cammino davanti a noi”, e che alla garanzia dell’applicazione e del rispetto della normativa, debbano necessariamente accompagnarsi anche interventi su una dimensione politica e culturale che porta ancora oggi in troppi casi, come segnalato nel rapporto dell’ISTAT 2019, a considerare “un problema per la produttività il collocamento di persone con disabilità”.


Abilismo, discriminazioni e violenze


Nel corso dell’anno si è, purtroppo, registrato un numero preoccupantemente elevato di notizie di aggressioni e violenze contro le persone con disabilità. Tali episodi sembrano rappresentare solo la punta dell’iceberg di un grave e diffuso problema sottostimato nella sua portata e nelle sue drammatiche conseguenze, come risulta evidente anche solo scorrendo parte di quanto emerso in questo periodo. A Cesate sono stati sottoposti agli arresti domiciliari i due gestori e a misure cautelari i cinque operatori della comunità alloggio “Sogno Verde Cooperativa sociale onlus” per maltrattamenti e violenze quotidiane che proseguivano da anni contro 9 persone con disabilità inserite nella struttura. A Palermo sono stati arrestati 3 operatori (ed emesse altre due misure cautelari) per le continue violenze e i maltrattamenti nei confronti delle persone con disabilità inserite nella struttura residenziale “Ben Haukal”. A Milano, è stato arrestato un uomo di 47 anni per violenza sessuale plurima e aggravata su una giovane quindicenne con disabilità. A Manfredonia un uomo e una donna di circa 40 anni sono stati arrestati per aver sequestrato e torturato un giovane 25enne con disabilità. A Licata due minorenni sono stati collocati con misura cautelare in comunità di recupero per aver partecipato (insieme a tre maggiorenni già arrestati a gennaio) alle violenze (contestati i reati di tortura, sequestro di persona e violazione di domicilio, diffusi anche sui social) nei confronti di tre giovani con disabilità. A Roma una bambina dodicenne con disabilità è stata aggredita e picchiata da 4 coetanee mentre una ventina di compagni filmavano e postavano sui social l’aggressione.

Gravi episodi che sembrano confermare quanto la Commissione Europea evidenziava nella prima Strategia dell’Unione Europea sui diritti delle vittime (2020-2025)(15): “Le persone con disabilità sono spesso vittime di reati basati sull’odio e di diverse forme di abusi”, così come le persone anziane non autosufficienti che “in ragione della loro mobilità limitata, del loro stato generale di salute oppure di dipendenze da altri, possono essere maggiormente vulnerabili a diventare vittime di diverse forme di reati”.

Situazione che sembra essere stata aggravata, per le persone inserite/segregate all’interno delle strutture residenziali, dall’isolamento imposto per contenere la diffusione del virus che ha amplificato i rischi di violenze. Appare, inoltre, particolare difficile, come sottolineato dal Parlamento Europeo, la situazione delle donne con disabilità che sono da due a cinque volte maggiormente esposte alla violenza rispetto ad altre donne: “il 34% delle donne con problemi di salute o disabilità ha subito violenza fisica o sessuale da un partner nel corso della propria vita”(16). La crisi pandemica ha reso ulteriormente critica, come sottolineato sin da subito dalla FISH (la federazione delle principali organizzazioni di persone con disabilità), tale drammatica situazione facendo emergere che “le bambine, ragazze e donne con disabilità sono maggiormente esposte al rischio di subire violenza, abusi e maltrattamenti e nello stato di isolamento forzato impossibilitate a richiedere aiuto nei casi di violenza domestica, episodi che sono in preoccupante aumento”.

In tale quadro assume ancor più valore la la Risoluzione(17) in tema di contrasto alla violenza  contro le donne e le ragazze con disabilità adottata nel luglio scorso dal Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite e definita dall’IDA, Alleanza Internazionale per la Disabilità, come storica ed epocale: “Sebbene la realtà delle donne e delle ragazze con disabilità e la loro vulnerabilità alla violenza sia terribile la nostra organizzazione e i membri di essa trovano speranza nell’approccio sfumato della Risoluzione del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite sul tema ‘Accelerare gli sforzi per eliminare tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze: prevenire e rispondere a tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze con disabilità’. Degno di nota è il riconoscimento che si dà alle forme di discriminazione multipla e intersezionale che le donne e le ragazze con disabilità affrontano e che sfociano in violenza”.

A rendere maggiormente difficile tale situazione, la Commissione Europea evidenzia che spesso per le persone con disabilità permangono barriere per l’accesso alla giustizia, reso ancora “più difficile se vengono private della loro capacità di agire”, come, purtroppo, avviene ancora spesso, nonostante l’adozione nel 2012 della Direttiva sui Diritti delle Vittime(18), con cui la Commissione Europea e gli Stati Membri dell’Unione si impegnavano a combattere la violenza e a garantire i diritti delle persone vittime di reato, anche attraverso un sistema giudiziario pienamente accessibile, sia a livello di comunicazione che di locali fisici senza barriere. Purtroppo la Commissione Europea nella Strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030 sottolinea ancora la presenza di un elevato numero di “barriere giuridiche” che limitano l’accesso alla giustizia e “colpiscono in particolare le persone con disabilità intellettive, disabilità psicosociali o con problemi di salute mentale, che sono spesso private della loro capacità giuridica o ne godono in misura limitata”.

L’accessibilità limitata del sistema giudiziario contribuisce a determinare, inoltre, il fenomeno dell’under-reporting, ossia la scarsità di denunce relative ai crimini d’odio nei confronti delle persone con disabilità. I dati forniti a dicembre 2021 per l’Italia dall’OSCAD (Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori), che elabora il contributo del dipartimento della Pubblica Sicurezza sui crimini d’odio per il Rapporto annuale dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), indicavano un numero di reati relativi ai crimini d’odio contro le persone con disabilità di 157 per il 2017, 210 per il 2018, 207 per il 2019, 192 per il 2020. Dati che, come segnala lo stesso OSCAD, non possono aver valore statistico e denotano una scarsità di denunce in tale ambito, problema che si sta cercando di affrontare anche attraverso azioni informative, tra cui la pubblicazione dell’opuscolo “L’odio contro le persone disabili”. Nella pubblicazione si dà la definizione dei reati di matrice discriminatoria – crimini d’odio – come caratterizzati “per la motivazione di pregiudizio che l’autore nutre nei confronti di una o più ‘caratteristiche protette’, reali o presunte, della vittima: origine etnica o ‘razziale’, convinzioni religiose, orientamento sessuale, identità di genere, disabilità, …”.

Per capire quanto tali pregiudizi siano diffusi nella nostra società, anche se spesso silenti, può essere utile analizzare alcuni dati forniti nella Mappa dell’intolleranza 2021 di VOX – Osservatorio italiano sui diritti, che fotografa l’odio via social (analizzando in particolare Twitter) e che vede come categorie più colpite le persone con disabilità e le donne. Andando ai dati colpisce che per le persone con disabilità la percentuale di tweet negativi sia la più alta in assoluto (76,1%). I picchi dell’odio online contro le persone con disabilità sono stati registrati in corrispondenza con episodi di violenza che, paradossalmente, anziché determinare empatia e solidarietà, sono stati amplificati, generando fiumi virtuali di odio. Spesso, infatti, le violenze e discriminazioni contro le persone con disabilità non solo hanno luogo, ma si accompagnano alla manifestazione di pregiudizi e considerazioni fortemente stigmatizzanti che rappresentano un surplus, un’eccedenza gratuita di violenza che si riversa sulle vittime. Inoltre un’attenzione e una consapevolezza generale ancora scarse su questi temi (così come sulle questioni legate alle dimensioni intersezionali in cui i diversi motivi di discriminazione s’influenzano reciprocamente), oltre al permanere di una diffusa, anche se spesso latente, “cultura” abilista fanno sì che continuino ad esserci minori tutele e molteplici barriere anche nella fase di richiesta d’aiuto e di denuncia. Tutto questo rende evidente come sia fondamentale definire adeguate strategie di intervento che, oltre a garantire la predisposizione di “un’assistenza e di una protezione specialistiche nel rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità”, così come raccomandato dalla prima strategia dell’Unione Europea sui diritti delle vittime, prevedano anche interventi in ambito politico, culturale ed educativo, come ribadito nel corso dell’anno da Vincenzo Falabella, presidente della FISH, al fine di realizzare una strategia a tutto campo per “contrastare ogni discriminazione e garantire nei fatti l’inclusione delle persone con disabilità nel nostro Paese”.

Di seguito un parziale, ma preoccupantemente significativo, elenco di episodi di violenza e discriminazione contro le persone con disabilità raccolti dalle cronache. 

- 2021, gennaio, Licata (Ag)

Tre fermi di persone indagate per i reati di tortura, sequestro di persona e violazione di domicilio (diffusi anche sui social) nei confronti di tre giovani con disabilità (qui la notizia). Alle violenze avevano partecipato anche due minorenni successivamente collocati con misura cautelare in comunità di recupero (qui la notizia).

- 2021, gennaio, Italia

Controlli dei NAS in 1.848 strutture sanitarie e socio assistenziali (RSA, case di riposo, comunità alloggio, …) rilevando irregolarità presso 281 di esse. Complessivamente, le verifiche hanno portato alla contestazione di 109 violazioni penali e 373 amministrative, con deferimento all’autorità giudiziaria di 83 persone e con segnalazione di ulteriori 287 persone alle autorità amministrative. Sono state 18 le strutture oggetto di provvedimenti di sospensione e/o chiusura dell’attività assistenziale (qui la notizia).

- 2021, febbraio, Treviso (Tv)

Padre uccide il figlio di due anni cui era stata diagnosticata una forma di autismo e poi si suicida (qui la notizia).

- 2021, febbraio, Palermo (Pa)

Violenze e maltrattamenti continui contro otto persone anziane non autosufficienti inserite nella comunità alloggio della Onlus “I nonnini di Enza”. Sono stati notificati gli arresti domiciliari alla presidente dell’associazione che gestisce la struttura, e a tre operatori/trici (qui la notizia).

- 2021, marzo, Milano (Mi)

Giovane donna con disabilità vittima di delinquenti che le bucano ripetutamente le gomme dell’auto perché ha a disposizione un parcheggio riservato a persone con disabilità (qui la notizia).

- 2021, marzo, Milano (Mi)

Arrestato un uomo di 47 anni per violenza sessuale plurima e aggravata su una giovane quindicenne con disabilità che diceva di aiutare a casa in “dad” (qui la notizia).

- 2021, aprile, Cesate (Mi)

Maltrattamenti e violenze quotidiane che proseguivano da anni contro nove persone con disabilità ospitate presso la comunità alloggio della cooperativa sociale di Cesate “Sogno Verde Cooperativa sociale onlus”. Sono stati sottoposti agli arresti domiciliari i due gestori della cooperativa. Misure cautelari anche per i cinque operatori che lavoravano all’interno della struttura (qui la notizia).

- 2021, aprile, Rivarolo Canavese (To)

Un uomo di 83 anni uccide il figlio con disabilità, la moglie, la coppia di padroni di casa e poi tenta il suicidio (qui la notizia).

- 2021, aprile, Palermo (Pa).

Arrestati tre operatori (ed emesse due misure cautelari) per le continue violenze e i maltrattamenti nei confronti delle persone con disabilità inserite nella struttura residenziale “Ben Haukal” presso cui lavoravano (qui la notizia).

- 2021, aprile, Manfredonia (Fg)

Un uomo e una donna di circa 40 anni arrestati per aver sequestrato e torturato un giovane 25enne con disabilità (qui la notizia).

- 2021, aprile, Roma (Rm)

Bambina dodicenne con disabilità aggredita e picchiata da quattro coetanee che facevano parte di un gruppo di una ventina di ragazzi che filmavano e postavano sui social l’aggressione (qui la notizia).

- 2021, maggio, Italia

Controlli dei NAS in 572 strutture sanitarie e socio assistenziali, constatando irregolarità presso 141 di esse, pari al 25% del totale. Le ispezioni hanno determinato la contestazione di 197 violazioni penali e amministrative, deferendo all’autorità giudiziaria 36 persone e segnalandone ulteriori 136 alle autorità amministrative. A causa dello stato di abusivismo o di gravi criticità sono state oggetto di sospensione e/o chiusura sei strutture ricettive, per valore economico stimato in oltre 4 milioni di euro. Gli interventi di cessazione delle attività irregolari hanno determinato il conseguente ricollocamento degli anziani ospiti presso le abitazioni dei propri familiari o il trasferimento in altre strutture idonee (qui la notizia).

- 2021, giugno, Praia a Mare (CS)

Bambino con sindrome di down escluso dal centro sportivo socio educativo comunale. Il padre riferisce che al momento del rifiuto dell’iscrizione il personale gli avrebbe detto che “essendo com'è deve stare con bimbi come lui" (qui la notizia).

- 2021, giugno, Varese (VA)

Sette educatori/operatori di un centro diurno per minori con gravi disabilità, gestito da una cooperativa sociale, sono stati sottoposti a misura cautelare con accuse di maltrattamenti aggravati (quattro sono accusati anche di abbandono di persone minori o incapaci e lesioni personali colpose), a seguito di un'indagine dei carabinieri. Secondo quanto emerso gli ospiti venivano sottoposti a continue vessazioni e violenze, lasciati a sé stessi senza controlli tanto da non accorgersi di ripetuti atti di autolesionismo da parte degli stessi minori (qui la notizia).

- 2021, luglio, Italia.

Controlli dei NAS, d’intesa con il Ministero della salute, presso i centri e le strutture pubbliche e private deputate, a vario titolo, alla presa in carico, assistenza, riabilitazione, trattamento sanitario e ricovero di persone con disabilità, disagi mentali e psichici. Sono state ispezionate 536 strutture e centri, accertando irregolarità presso 122 di questi, pari al 22%. Nel corso delle verifiche sono state inflitte 141 sanzioni penali e amministrative. Tra le infrazioni più gravi la contestazione dei reati di maltrattamento e abbandono di incapaci riscontrati presso due strutture di Agrigento e Sassari i cui gestori sono stati deferiti all’autorità giudiziaria (qui la notizia).

- 2021, luglio, Taranto (TA)

Otto autisti della locale azienda di trasporti pubblici (AMAT), sono indagati e sottoposti a misura cautelare per violenza sessuale aggravata (per aver agito in veste di incaricati di pubblico servizio su persona sottoposta a limitazioni della libertà personale, in quanto quasi sempre luogo delle violenze erano autobus di linea ai quali i guidatori chiudevano le porte per impedire alla vittima di scendere) contro una ragazza con disabilità di 21 anni. Le violenze sono proseguite per due anni, dal 2018, quando la ragazza era appena maggiorenne, fino al 2020, fino a quando la ragazza ha trovato la forza di denunciare (qui la notizia).

- 2021, luglio, Serradifalco (CL)

Con provvedimento cautelare, emesso dal Gip di Caltanissetta, una comunità in cui vivevano 9 persone con disabilità, è stata sequestrata e sono state emesse cinque misure cautelari: due operatori interdetti dalla professione, arresti domiciliari per il gestore e un’operatrice, un altro operatore portato in carcere con l’accusa di violenza sessuale aggravata. Le persone con disabilità erano quotidianamente insultate, picchiate, lasciate in stato di abbandono e malnutrite (qui la notizia 1, 2).

- 2021, agosto, Grammichele (CT)

La procura di Caltagirone emette un provvedimento di fermo nei confronti di una donna per aver provocato la morte del figlio quattordicenne con disabilità fisica e intellettiva, lasciandolo intenzionalmente per ore esposto al sole (qui la notizia).

- 2021, settembre, Arezzo

Due sedicenni denunciati per lesioni personali aggravate ai danni di un loro coetaneo cieco intervenuto per difendere un suo amico che i due avevano aggredito (qui la notizia).

- 2021, settembre, Torino

Due insegnanti di sostegno di una scuola secondaria denunciati per atti persecutori nei confronti di un alunno con disabilità che non hanno tutelato dagli atti di bullismo di un coetaneo. I fatti sono emersi grazie a un tema scritto da un compagno di classe (qui la notizia).

- 2021, ottobre, Castellammare di Stabia (NA)

La procura apre un’inchiesta su un episodio di segregazione scolastica a seguito della denuncia dei genitori di uno studente con disturbo dello spettro autistico di 14 anni, trovato abbandonato solo, senza vestiti e sporco dei suoi stessi escrementi nella palestra della scuola (qui la notizia).

- 2021, novembre, Firenze

Studente diciassettenne con disabilità aggredito e picchiato da tre coetanei all’uscita da scuola (qui la notizia)

- 2021, novembre, Grosseto.

Il Tribunale di Firenze ha condannato il ministero dell'Istruzione a risarcire un giovane con disabilità e la famiglia per i danni fisici e morali causati dagli episodi di bullismo subiti in maniera continuativa dal 2012 al 2016, presso la scuola primaria che frequentava. L’assicurazione della scuola ha promosso ricorso avverso la sentenza (qui la notizia).

- 2021, novembre, Scampia (NA)

Giovane con disabilità vittima di atti di bullismo da parte di due coetanei che ne pubblicano anche online i video (qui la notizia 1, 2)

- 2021, dicembre, Palermo

Gravissimi episodi di maltrattamenti di persone con disabilità intellettiva e psichiatrica, nella struttura residenziale Suor Rosina La Grua di Castelbuono convenzionata con il servizio sanitario e che gestisce servizi di riabilitazione per 23 persone con disabilità grave. Ordinanza cautelare nei confronti di 35 persone accusate, a vario titolo, di tortura, maltrattamenti, sequestro di persona, corruzione, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, malversazione e frode nelle pubbliche forniture. Dieci indagati sono finiti in carcere, sette ai domiciliari, cinque sono stati sottoposti all'obbligo di dimora nel comune di residenza e tredici sono destinatari della misura interdittiva del divieto di esercitare attività professionali per un anno. Il gip ha anche disposto il sequestro della casa di cura e di disponibilità finanziarie per un valore di oltre 6,7 milioni di euro (qui la notizia 1, 2, 3)

- 2021, dicembre, Milano

Arrestati due giovani per rapina a una persona con disabilità su carrozzina e per aggressione di una donna intervenuta in sua difesa alla fermata della metropolitana (qui la notizia)


Note


(1) - Commissione Europea, Bruxelles, 3.3.2021 COM (2021) 101 final, “Un'Unione dell'uguaglianza: strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030”

(2) - Decreto del Presidente Della Repubblica 12 ottobre 2017  “Adozione del secondo programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilita'”.

(3) - Committee on the Rights of Persons with Disabilities, Concluding observations on the initial report of Italy, 6 october 2016

(4) - All’interno del Piano sono definite le seguenti misure: 1) La Missione 1 prevede la rimozione delle barriere architettoniche e sensoriali in musei, biblioteche e archivi, per promuovere una cultura dell’accessibilità del patrimonio culturale. 2) La Missione 2 e 3, prevedono interventi per la mobilità, il trasporto pubblico locale e le linee ferroviarie per favorire il miglioramento e l’accessibilità di infrastrutture e servizi per tutti i cittadini. 3) La Missione 4 prevede una specifica attenzione per le persone con disabilità, nell’ambito degli interventi per ridurre i divari territoriali nella scuola secondaria di secondo grado. 4) La Missione 5 include un investimento straordinario sulle infrastrutture sociali, nonché sui servizi sociali e sanitari di comunità e domiciliari, per migliorare l’autonomia delle persone con disabilità. 5) La Missione 6 prevede il miglioramento di servizi sanitari sul territorio per permettere di rispondere ai bisogni delle persone con disabilità, favorendo un accesso realmente universale alla sanità pubblica.

(5) - Rodotà Stefano, Il diritto di avere diritti, Laterza, Roma-Bari, 2012, pp. 228-229.

(6) - N. Crowther (ANED), 2019: The right to live independently and to be included in the community in European States.

(7) - Coface – FamiliesEurope (2020): Disability and the Family.

(8) - Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, Relazione al Parlamento 2021

(9) - Committee on the Rights of Persons with Disabilities, Concluding observations on the initial report of Italy, 6 october 2016

(10) - A Buon Diritto Onlus, RAPPORTO SULLO STATO DEI DIRITTI IN ITALIA. Memorandum di Legislatura, marzo 2018

(11) - “… come previsto dall'articolo 8 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e dall'articolo 19 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, anche mediante l'attuazione coordinata dei progetti delle missioni 5 e 6 del PNRR e attraverso le misure previste dalla legge 22 giugno 2016, n. 112 (la cosiddetta legge sul “Dopo di noi”, ndr)”.

(12) - Parlamento Europeo, Commissione per l'occupazione e gli affari sociali, “Relazione sull'applicazione della direttiva 2000/78/CE del Consiglio che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro alla luce della UNCRPD (2020/2086(INI))”, A9-0014/2021, 3.2.2021.

(13) - ISTAT, “Conoscere il mondo della disabilità: persone, relazioni e istituzioni”, Roma, 2019.

(14) - INAPP, Rapporto 2021, Lavoro, formazione e società in Italia nel passaggio all'era post Covid-19.

(15) - COMMISSIONE EUROPEA, Strategia dell'UE sui diritti delle vittime (2020-2025) Bruxelles, 24.6.2020 COM(2020) 258 final

(16) - Risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione delle donne con disabilità [2018/2685 (RSP)].

(17) - United Nations, Resolution adopted by the Human Rights Council on 13 July 2021, A/HRC/RES/47/15

(18) - DIRETTIVA 2012/29/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 25 ottobre 2012

Gabriella Bertini

Gabriella Bertini

(Dicomano 1940 - Firenze 2015)
“RIBELLARSI È GIUSTO, ORGANIZZARSI È FONDAMENTALE”. RICORDIAMO GABRIELLA BERTINI, PIONIERA NELLA LOTTA PER I DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITÀ E PRIMA DONNA PARAPLEGICA A GUIDARE UN’AUTOMOBILE IN ITALIA

La diagnosi fu un fulmine a ciel sereno per Gabriella. Aveva solo 13 anni quando un’infezione, probabilmente una trombosi spinale, le intaccò il midollo osseo e la privò per sempre dell’utilizzo delle gambe. A 13 anni si è davvero troppo, troppo giovani per metabolizzare una notizia simile. Ma Gabriella era una ragazza forte, nata durante la guerra, in Toscana, e rimasta orfana di padre a 4 anni. Quella che poteva sembrare una sconfitta senza appello si trasformò per lei nel trampolino delle sue battaglie. Non si sarebbe accontentata di “subire” la vita, di fare quel poco che la società si aspettava facesse vista la sua disabilità. E così terminò gli studi e, a 18 anni, divenne la segretaria del professor Milani, che curava proprio un centro di riabilitazione pediatrico per bambini con gravi difficoltà motorie. Nel frattempo si entrava negli anni Sessanta, e si apriva un decennio di lotte e rivendicazioni. La sua lotta diventò la lotta di tutte le persone con disabilità, basata su una richiesta semplicissima: avere i mezzi per condurre la vita che si desidera, senza il peso di uno “svantaggio” dovuto più alla società circostante che alla disabilità. E così divenne famosa quando, nel 1965, acquistò un’automobile, appositamente modificata in modo tale da poter essere guidata senza l’utilizzo delle gambe. Fu la prima donna paraplegica a farne uso in Italia. La sua storia le diede notorietà, dicevamo, e le permise di portare avanti le sue battaglie con ancora più grinta.

Aveva un esempio chiaro e pratico di ciò che voleva: l’ospedale Stoke Mandeville, in Inghilterra, dove le persone paraplegiche venivano non solo curate, ma anche riabilitate al punto tale di poter lavorare e persino fare sport.

Un qualcosa di impensabile, al tempo, in Italia.

“Il programma del centro inglese era una realtà che dava speranza, faceva tornare la gioia di vivere, di muoversi, studiare, lottare”, dirà.

In poche parole Gabriella si rese conto che il suo sogno poteva essere una realtà. In mezzo c’era la lotta: arrivò ad occupare Piazza della Signoria, a Firenze, chiedendo che fosse rispettata la legge sul collocamento lavorativo delle persone con disabilità, ottenendo l’assunzione per ben 300 persone. I contatti con Stoke Mandeville, nel frattempo, le permisero di portare avanti l’implementazione di nuove forme di cura e riabilitazione anche in Toscana. Un progresso enorme in Italia, dove spesso le cure erano approssimative e si poteva morire anche per una piaga infetta. La sua lotta, Gabriella, la portò persino a casa sua, dove insieme al marito Giuseppe creò un vero e proprio centro senza barriere architettoniche: si poteva fare fisioterapia e riabilitazione, ma anche soltanto parlare e confrontarsi. A casa di Gabriella si poteva semplicemente vivere. La sua lotta continuerà sempre con scioperi della fame, occupazioni, manifestazioni, persino poesie. Terminò solo nella primavera del 2015, con la sua morte. Rimane viva, vivissima la sua eredità - pratica e morale - e la sua testimonianza riassumibile in tre parole: lotta, dignità e diritti.