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Istruzione

Introduzione


Il rapporto di quest’anno si concentrerà in particolare sull’ Università, cercando di sintetizzare l’impatto che i due anni di pandemia hanno avuto sull’intero sistema di formazione terziaria del paese. La condizione dei giovani in età universitaria è però complessa e molteplice, per questo, al fine di inserire il mondo universitario all’interno di un contesto più ampio, saranno analizzati aspetti che riguardano il calo demografico, le aspettative lavorative, la propensione all’emigrazione. Come nello scorso rapporto per la scuola secondaria, si cercherà di valutare l’impatto della chiusura e della didattica a distanza, i punti di forza e le criticità di un approccio che, ormai è chiaro, rimodellerà i nostri Atenei negli anni a venire.

La discussione sulla didattica a distanza e sull’uso delle tecnologie dell'apprendimento non si esaurirà certo con la fine dell’emergenza pandemica. Si affronta in questo paragrafo una riflessione più generale sulle piattaforme di e-learning e sul mondo dell’ed tech, con le sue luci e ombre. L’ingresso dei grandi oligopoli privati dentro il mondo della scuola pone problematiche di tutela della privacy, di estrazione dei dati, di accesso e competenze ma anche di indipendenza e autonomia dell’istituzione scolastica dal mercato e delle sue logiche.

Infine, a corredo del lavoro proposto l’anno passato sul mondo della scuola, sono riportati e commentati i risultati delle prove INVALSI (che non si sono tenute nel 2020): un modo per avere uno sguardo d’insieme sull’impatto, profondamente negativo possiamo affermarlo, della situazione pandemica, quindi delle chiusure e della scuola a distanza, sul rendimento e sulle capacità acquisite da studenti e studentesse.

Il taglio con cui ci approcciamo alla stesura del rapporto vuole portare in evidenza l’effetto sulle e delle disuguaglianze provocato da questi due anni di emergenza. La scuola è il mezzo principale per favorire la mobilità sociale e ridurre il divario socio economico ma ormai da anni l’ascensore sociale è rotto (Rapporto 2019) e la distanza tra ricchi e poveri non fa che aumentare. Se il sistema di istruzione pubblico continuerà a vacillare e a sgretolarsi le condizioni di partenza torneranno a essere l’unica misura su cui predire il futuro dei nostri figli.


Università


Il sistema universitario italiano, nell’anno accademico 2019/2020, risulta composto da 98 Università di cui 67 statali(1), che comprendono 3 Scuole Superiori e 3 Istituti di alta formazione, nonché 31 Università non statali, di cui 11 telematiche.

A partire dal mese di marzo 2020 tutti gli Atenei italiani hanno trasferito online la quasi totalità degli insegnamenti. Tale didattica, attuata per il secondo semestre dell’a.a. 2019/2020, si è protratta per gran parte dell’anno accademico successivo. Oggi riflettiamo su come questo cambiamento sarà integrato all’interno della quotidianità e fuori dall’emergenza, e quali effetti positivi o negativi possa generare sulla qualità e fruibilità del sistema universitario. Per guardare a questo cambiamento con cognizione è necessario avere una istantanea della situazione dei giovani (tra i 15 e i 29 anni) prima e durante l’impatto pandemico, analizzando seppur brevemente molteplici aspetti della loro condizione: la forte contrazione della popolazione giovanile, l’aumento della scolarizzazione di secondo livello, l’andamento delle immatricolazioni all’università, il mercato del lavoro giovanile, il fenomeno dei NEET, l’emigrazione.

La decrescita demografica vede negli ultimi 37 anni una diminuzione della popolazione dei diciannovenni del 40,6%, ossia di quasi 400 mila unità, rispetto al livello massimo rilevato nel 1984(2). La bassa fecondità e l’aumento della sopravvivenza, ha caratterizzato l’Italia negli ultimi 40 anni portando a un Paese a elevato processo di invecchiamento: oggi la popolazione di 65 anni e più rappresenta il 23,2% del totale, quella fino a 14 anni di età il 13%. Secondo le stime Istat(3) sull’andamento della popolazione, nel 2050 le persone di 65 anni e più potrebbero rappresentare il 35% del totale(4), i giovani fino a 14 anni di età potrebbero rappresentare solo l’11,7% del totale. Il rapporto tra ultrasessantacinquenni e ragazzi risulterà in misura di 3 a 1. Dati da prendere con le dovute cautele ma che comunque vada ci mettono di fronte alla necessità di immaginare politiche di protezione sociale e un welfare che tenga conto della crescente popolazione anziana e di un numero decrescente di giovani e di cittadini in età lavorativa.

Il livello di scolarizzazione tra le nuove generazioni è in continuo aumento, con delle significative differenze di genere: nella fascia 20-24 anni, i maschi in possesso di un diploma di scuola secondaria superiore sono il 66,4% mentre la quota di diplomate risulta superiore di quasi 3 punti (69%); tra i 25-29 anni le donne che hanno conseguito un titolo terziario sono il 34,3% mentre i maschi non vanno oltre il 21,4%(5). Opportunamente riformulati questi indicatori risultano molto significativi per collocare l’Italia nel contesto europeo(6): nel secondo trimestre 2020, in Italia, il 62,6% delle persone di 25-64 anni ha almeno il diploma superiore rispetto a una media europea del 79%, 16 punti percentuali in meno. La quota di giovani di 30-34 anni che ha conseguito un titolo universitario o terziario è del 27,9%, rispetto al 42,1% della media europea, siamo penultimi in graduatoria prima della Romania (25,2%). Sebbene questi due indicatori siano costantemente in crescita, appare evidente come l’Italia non riesca a recuperare la differenza rispetto alla maggior parte dei paesi dell’Unione Europea.


C5. Grafico 1 • Immatricolati per anno accademico, per genere dall'a.a. 2001/2002 al 2021/2022¹


Per quanto riguarda le immatricolazioni all’Università, per avere un quadro della situazione occorre andare indietro di 20 anni: dall’aumento degli iscritti rilevato nei primi anni del 2000 (in parte dovuto alla riforma del 3+2), si è assistito a un continuo calo, fino alla drammatica diminuzione successiva alla crisi e alla recessione iniziata nel 2008. In numeri assoluti si passa dai 338.000 iscritti del 2003/2004, a poco meno di 269.500 del 2014/15 (-68.500 studenti), per tornare al livello di 330.000 immatricolati nell’anno della pandemia 2020/21. Questo significa che ancora non sono stati recuperati i livelli di ingresso nell’istruzione terziaria dell’inizio del millennio. Insistiamo su questi numeri perché la riflessione sul calo degli universitari ha accompagnato il periodo pandemico: come nel 2008, la grande crisi ha spostato le necessità contingenti verso un'immediata ricerca di reddito, così sembra che gli anni del Covid-19 possano influenzare negativamente le scelte dei neodiplomati.


C5. Grafico 2 /A• Persone 25 - 64 anni per livello di istruzione raggiunto e per genere, in Italia e in Europa (EU27), valori% sul totale della popolazione






Per leggere in modo corretto le dinamiche del mondo universitario è necessaria una riflessione, seppur breve, sul mercato del lavoro, guardando in particolare al momento della transizione dal sistema di istruzione e formazione al mondo del lavoro. L’indicatore utilizzato è il tasso di occupazione dei 20-34enni non più inseriti in un percorso di istruzione e formazione, che hanno conseguito un titolo di studio secondario superiore o terziario da uno a non più di tre anni, un segnale dell’occupabilità dei giovani utilizzato anche in chiave europea. L’obiettivo per il 2020 era prefissato al raggiungimento di un valore medio europeo pari all’82%. In Italia il tasso di occupazione dei ragazzi diplomati o laureati da meno di tre anni, è stimato pari al 56,8% (-1,9 punti rispetto al 2019): il 50,1% tra i diplomati (-2,8 punti) e il 64,1% tra i laureati (-0,8 punti). A causa dell’impatto sull’economia della crisi pandemica Covid-19, si inverte la dinamica tendenziale che aveva registrato, dal 2015, un'importante crescita dei tassi di occupazione dei giovani in transizione scuola-lavoro, dopo il gravissimo deterioramento del quadro occupazionale giovanile italiano negli anni della crisi. Peraltro, così come abbiamo visto per la dinamica delle immatricolazioni, nonostante l’andamento positivo degli ultimi anni, i valori degli indicatori restavano nel 2019 ancora molto distanti dai livelli pre-crisi; questa battuta di arresto si inserisce, dunque, in un quadro di per sé già molto critico con un divario con il resto dell’Europa molto ampio. L’Italia è, infatti, penultima tra i Paesi dell’Unione per occupabilità dei giovani all’uscita dagli studi. Insieme alla Grecia si trova in posizione davvero isolata sia per quanto riguarda gli sbocchi occupazionali dei diplomati che per quanto riguarda quelli dei laureati(7).

Non sorprende trovare lo stesso andamento in un’altra faccia del prisma che ricostruisce la condizione dei giovani tra i 15 e i 29 anni: i NEET(8). Il fenomeno interessava nel 2008 il 19,2 per cento di questa fascia di età in Italia e il 13 per cento in Europa; da noi è cresciuto più velocemente di quanto non sia avvenuto nella media Ue27 fino a interessare nel 2014 – al culmine della crisi occupazionale – più di un giovane su quattro (25,5%, oltre 10 punti percentuali al di sopra della media Ue27). Successivamente la quota è diminuita lentamente, risalendo però al 23,3% nel 2020. L’incidenza è maggiore tra gli stranieri (35,2% contro 22% degli italiani), nel Mezzogiorno (32,6% contro 16,8% nel Nord), tra le donne (25,4% contro 21,4% degli uomini) e aumenta con l’età (31,5% tra 25-29 anni contro 11,1% tra 15-19 anni).

Se da un lato un ragazzo su quattro non lavora e non studia, dall’altro la quota dei giovani che decidono di lasciare il paese per l’estero è in continuo aumento. In generale nel corso degli ultimi 10 anni sono stati quasi un milione gli italiani “cancellati” per l’estero e il loro numero è aumentato con un ritmo crescente nel tempo, superando le 100mila unità all’anno già a partire dal 2015. Di questi emigranti tra 2008 e 2020 sono 355mila i giovani tra 25-34 anni e circa 96mila coetanei sono rimpatriati. La differenza tra rimpatri ed espatri è rimasta costantemente negativa negli anni e, cumulata tra 2008 e 2020, porta a una perdita complessiva di 259mila giovani, di cui 93mila con al più la licenza media (36%), 91mila diplomati (35%) e 76mila laureati (29%).(9) A partire dal 2008 c’è stato un costante ampliamento dei tassi netti annui di migratorietà, con uno squilibrio tra uscite e rientri maggiore per chi ha bassa istruzione e per i laureati, soprattutto se maschi. Le limitate prospettive occupazionali generali spingono sempre più laureati a lasciare il Paese (+41,8 per cento, rispetto al 2013)(10). La “fuga di cervelli” non è compensata da un analogo afflusso di persone altamente qualificate dall’estero: il saldo netto è, dunque, negativo. Il blocco della mobilità ha portato una diminuzione nel 2020 degli espatri di giovani laureati rispetto alla media 2015-2019 (-5,6%), ma non ha aumentato la quota di rimpatri, nonostante molte aziende abbiano adottato soluzioni di smart working.


Didattica e didattica a distanza 


Per quanto riguarda la preparazione degli studenti universitari circa il 50% degli immatricolati presenta una preparazione modesta e riscontra notevoli difficoltà nel superare gli esami del primo anno, invero alcune difficoltà permangono anche negli anni successivi al primo. La difficoltà degli studenti immatricolati al primo anno dei corsi di laurea è evidente se si guarda il numero di crediti conseguiti: nell’anno accademico 2019/2020 sono stati conseguiti solo il 50 per cento dei CFU da parte di studenti immatricolati in Università del Sud e Isole, poco più del 55 per cento di CFU al Centro, circa il 59 per cento nell’area Nord-Ovest e il 66 per cento nel Nord-Est.(11).


C5. Tabella 1 • Percentuale dei cfu conseguiti dagli studenti immatricolati al primo anno rispetto al cfu da conseguire


Proprio prendendo in esame il numero di crediti conseguiti, una prima ricerca(12) sull’impatto della DAD nel sistema universitario mostra risultati interessanti. Attraverso una strategia di “differenza nelle differenze” utilizzando i dati amministrativi è stato possibile stimare come la DAD abbia comportato una complessiva riduzione di 1,4 crediti conseguiti dagli studenti in un semestre, effetto che corrisponde a una riduzione di circa l’8 per cento. Effetti negativi simili si riscontrano anche su un indicatore che tiene conto sia dei crediti conseguiti sia del voto ottenuto agli esami. Dalle stime emerge una differenza significativa fra gli studenti dei primi anni e gli studenti con più esperienza delle magistrali: mentre nel primo caso troviamo un effetto negativo più rilevante (-2 crediti circa), nel caso degli studenti delle magistrali l’effetto della Dad si riduce fino quasi ad annullarsi. 


Università telematica


Parlando di didattica a distanza meritano un piccolo focus le 11 Università Telematiche del paese che, visto lo spazio conquistato dalla DAD, saranno certamente da osservare con attenzione nei prossimi anni. Questi enti sono circa un terzo delle Università non statali, del cui gruppo fanno parte (11 su 31 Università non statali). Elenco con i riferimenti normativi di istituzione:

Università Online Guglielmo Marconi, istituita con d.m 1° marzo 2004, Roma;

Università Online Unitelma Sapienza, istituita con d.m. 7 maggio 2004, Roma;

Università Online Internazionale Uninettuno – UTIU, istituita con d.m. 15 aprile 2005 Roma;

Università Online Niccolò Cusano, istituita con d.m. 10 maggio 2006, Roma;

Università Online eCampus, istituita con d.m. 30 gennaio 2006, Novedrate;

Università Online San Raffaele, istituita con d.m. 8 maggio 2006, Roma e Milano;

Università Online Mercatorum, autorizzata con d.m. 10 maggio 2006, Roma;

Università Online Pegaso, istituita con d.m. 20 aprile 2006, Napoli;

Università Online IUL, istituita con d.m. 2 dicembre 2005, Firenze;

Università Online Giustino Fortunato, istituita con d.m. 13 aprile 2006 Benevento;

Università Online Leonardo Da Vinci, istituita con d.m. 16 novembre del 2004, Torrevecchia Teatina (CH)


Non è un caso che siano state istituite tutte tra il 2003 e il 2006: il fenomeno ha avuto inizio a partire dalla loro previsione in seno alla legge finanziaria per il 2003, ove l’art. 26, comma 5, intitolato “Disposizioni in materia di innovazione tecnologica”, ne legittimava l’istituzione e l’abilitazione a rilasciare titoli accademici, a condizione del superamento di procedure di accreditamento (delle Università e dei corsi di studio), da definirsi con decreto dell’allora Ministro dell’istruzione, dell’Università e della ricerca, adottato di concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie(13). In seguito l’evoluzione normativa ha subito molteplici battute di arresto portando di fatto all’impossibilità di accreditare nuove università. È stato però possibile moltiplicare i corsi di laurea all’interno dei singoli istituti e questo ha permesso alle 11 università di crescere sia nell’offerta (passando da 100 a 120 corsi di laurea nell’ultimo triennio) che nel numero di iscritti.


C5. Tabella 2 • Numero di iscritti ai corsi di laurea per modalità della didattica per anno accademico


Nel confronto tra l’anno accademico 2018/2019 con il 2016/2017 le Università telematiche hanno visto un aumento considerevole del numero di iscritti, che passano da poco più di 76.000 a più di 114.000 con una lieve flessione nell’anno 2019/20.

Le università telematiche sono sottoposte alla disciplina di verifica e accreditamento di ANVUR alle quali è correlato il contributo finanziario destinato alle Università non statali, di cui anche le telematiche possono beneficiare a partire dal 2005(14). Nel 2019 le università telematiche hanno ricevuto 2 milioni di euro di contribuzione pubblica. Le valutazioni del periodo 2016-2019 non sono state buone: hanno ricevuto un primo giudizio D-tel, “condizionato”, il follow up è avvenuto per 5 su 6, con esito C-tel “soddisfacente”. Solo 3 hanno ricevuto il giudizio soddisfacente in prima battuta(15). Solo 1 Università telematica su 11 ha ricevuto una valutazione superiore al valore “soddisfacente”.


Dad, piattaforme e privacy


Questi anni di pandemia hanno allontanato gli studenti dalle aule fisiche delle scuole e delle università portandoli all’interno di aule virtuali nelle quali si sono incontrati, hanno seguito le lezioni, svolto compiti ed esami. Ma di chi sono queste aule virtuali? Molte scuole e altrettante Università hanno fatto ricorso a strumenti disponibili in rete, piattaforme progettate dalle grandi Big Tech americane, come Microsoft Teams, Google Meet, Zoom e altre. Non sembra però si sia ancora aperta una riflessione profonda sulla tipologia e la proprietà di queste piattaforme, né in generale sul processo di piattaformizzazione(16) dell’istruzione, che coinvolge molteplici aspetti riguardo ai dati (la produzione, l’utilizzo e la protezione) ma anche rispetto alla costruzione di un ambiente pedagogico educativo.

Sul primo fronte avevamo già visto (RAPPORTO 2020) come il Ministero si sia affidato alla grandi aziende Microsoft, Google, Amazon, lasciando ai singoli istituti grande libertà di scelta, così che ogni scuola ha lavorato in modo autonomo, basandosi sostanzialmente sull’esperienza del personale docente. Libertà di scelta ma anche onere di provvedere alla gestione dei rapporti con i fornitori e per il Dirigente scolastico della conservazione dei dati(17).

Si è andati incontro a una dipendenza da queste tipologie di piattaforme private, quando potrebbero essere messe in campo soluzioni con software open source gestiti in autonomia delle istituzioni formative(18). In ambito universitario questa cessione di sovranità al privato è già avvenuta nel campo della posta elettronica e dell’editoria e delle pubblicazioni scientifiche(19), con conseguenze rilevanti nella protezione dei dati personali che si riflette sull’autonomia dell’Università e delle sue componenti.(20)

Il secondo aspetto di criticità, meno evidente ma comunque decisivo, riguarda l’influenza pedagogico-educativa dell’ambiente digitale per l’erogazione della didattica(21). L’organizzazione dei contenuti all’interno dello spazio virtuale, non è mai neutra: è costruita per la produzione di dati e metadati, potenzialmente riutilizzabili per il raggiungimento di ulteriori obiettivi economici, politici, culturali e di ricerca connessi all’output educativo proposto. Il processo di selezione alla base della personalizzazione della piattaforma online, così, può avere effetti culturali irreversibili compiendo una discriminazione a monte di idee e saperi che gli studenti possono acquisire direttamente o indirettamente attraverso la piattaforma, seguendo la logica dei filter bubbles (le bolle digitali che conosciamo sui social) già generabili dagli algoritmi.

La questione della piattaformizzazione del sistema di istruzione nazionale può essere discussa a partire dalle quattro dimensioni tracciate da Josè Van Dijck in “Platform society” : a) tecnologica, adottando un codice aperto, modificabile e trasparente; b) culturale, inserendo collaborazioni con enti di ricerca e università al fine di cogliere l’obiettivo del benessere etico–sociale e non l’utile economico; c) sociale, attraverso l’uso di codici deontologici e copyright; d) economica, trasformando le aule virtuali in vere aule scolastiche, estranee alla logica del profitto, della produzione di dati, dell’estrazione di valore economico, della pubblicità.

Appare fondamentale che sia collocata al centro dell’insegnamento scolastico e universitario l’analisi critica del controllo delle infrastrutture di comunicazione del sapere e lo sviluppo di interventi normativi di carattere nazionale ed europeo sull’interoperabilità, sulla proprietà intellettuale e sulla valutazione della ricerca e della didattica, nonché applicazioni tempestive e incisive della normativa sulla protezione dei dati personali.(22)


Il valore della ED TECH


Tutte queste riflessioni nascono da un dato incontrovertibile: la didattica a distanza è diventata un nuovo business. Un mercato, quello dell’ed-tech(23), con potenzialità di crescita gigantesche, che arriverà a sfiorare nel 2022 i trecento miliardi di dollari (erano 183 nel 2019), prevedendo un tasso di crescita del 16% annuo fino al 2025 (24). Non si tratta solo delle aule virtuali ma di servizi diversificati, tra cui tutoraggio, formazione aziendale ed e-learning per corsi universitari.

Nonostante i giganti americani delle piattaforme, la prima azienda mondiale è una piattaforma indiana di ripetizioni, valutata 21 miliardi di dollari, seguono cinque aziende cinesi, che si concentrano su lingue straniere e ripetizioni, poi arrivano le statunitensi che aprono un settore differente ma molto quotato, quello dell’aggiornamento dei dipendenti. In Europa si conta un solo unicorno dell’ed-tech al nono posto nella classifica mondiale, GoStudent(25), una piattaforma di ripetizioni on line attiva anche in Italia.

Un piccolo focus su una delle più vecchie piattaforme di e-learning: nata nel 2012 Coursera(26) è oggi all’11 posto per valutazione tra le stelle dell’ed-tech. Offre corsi universitari gratuiti in formato Massive Open Online Courses (Mooc)(27) e coinvolge un centinaio di Università in tutto il mondo. È possibile ottenere attestati ufficiali con un costo che copra le spese amministrative e di verifica. Tra le più conosciute e prestigiose, nel 2020 segna un +30 milioni di studenti/utenti che si aggiungono ai 44 milioni di partenza, dimostrando come la chiusura delle scuole abbia spinto moltissimi studenti a cercare nuovi supporti. Ci fa anche riflettere sul fatto che solo le potenzialità dell’accesso on line possano sopportare questi flussi.

Se da un lato la diffusione delle piattaforme di istruzione online possono amplificare l’accesso all’istruzione, risultando più accessibili e più economiche, d’altro canto potrebbero ulteriormente amplificare il divario tra paesi ricchi e poveri, considerando la necessità di accesso a un portatile, internet ed energia. Su questo aspetto, una posizione molto particolare è quella del CEO di Coursea Jeff Maggioncalda(28) che utilizza l’analogia tra la diffusione del telefono fisso e cellulare a ciò che potrebbe succedere tra università fisica e istruzione on line; il CEO evidenzia come nei paesi in via di sviluppo la mancanza delle infrastrutture idonee alla costruzione delle linee telefoniche abbia impedito per lunghi anni l’accesso al telefono; l’arrivo dei cellulari ha avuto invece una diffusione rapida e capillare, portando in un secondo momento con una spinta virtuosa a costruire e allargare l’infrastruttura. Così potrebbe accadere con l'e-learning: anche se non tutti i paesi hanno le risorse per costruire Università o Università sufficientemente grandi o diversificate, tutti hanno interesse a rendere accessibile internet veloce; la connettività non deve essere continua, visto che le lezioni possono essere scaricate e fruite offline, e questo può permettere a molti di seguirle. Non sappiamo quanto possa essere realistica questa metafora ma Coursera ha i numeri più alti di studenti utenti in paesi con livelli di istruzione molto bassi: dopo gli Stati Uniti, infatti, c’è l'India con 12 milioni di studenti, seguita da Messico con 4,3 milioni e Brasile con 3,4 milioni(29).

Molto importante potrà essere l'e-learning nel processo di riqualificazione dei lavoratori espulsi dal mercato del lavoro, ma anche di aggiornamento continuo per le nuove esigenze delle aziende.


Invalsi


Le prove INVALSI(30) ricevono da anni molteplici critiche, che ne hanno evidenziato i limiti e le problematiche, sottolineando come siano uno strumento incompleto per la valutazione e come possano alterare le finalità dell’istruzione portando a un addestramento degli alunni per ottenere buoni risultati. Lo scopo della scuola, far nascere lo spirito critico, non può certo essere misurato attraverso dei test a crocette. Contestualizzate e utilizzate per analisi generali possono però fornire informazioni utili per valutare progressi e regressi del sistema scolastico; vi facciamo riferimento in questo paragrafo per tentare di estrapolare un’idea degli effetti che la chiusura delle scuole e il ricorso alla didattica a distanza hanno prodotto sugli studenti, dalle elementari all’ultimo anno delle superiori.

Cosa sono? Le prove INVALSI sono dei test nazionali standardizzati di carattere censuario, somministrati alla fine dell’anno scolastico nelle classi seconda e quinta della primaria (elementari), terza della secondaria di primo grado (medie), seconda e quinta della secondaria di secondo grado (superiori). Le prove si svolgono in forma cartacea alle elementari e sono invece computer based negli altri cicli. Rilevano la preparazione degli alunni in tre materie: matematica, italiano e lingua inglese. Queste prove si svolgono dall’anno scolastico 2005-2006 con cadenza annuale. A partire dal 2015-16 (al compimento di un ciclo scolastico) i dati Invalsi possono essere rapportati al contesto socio economico dell’istituzione scolastica e misurare il così detto effetto scuola, “ovvero il contributo dell’istituto scolastico al cambiamento del livello di competenza degli allievi”(31).


I risultati 2021


Vediamo insieme i risultati ottenuti dagli studenti italiani nelle Prove INVALSI 2021, che hanno coinvolto oltre 1.100.000 allievi delle classi II e V della Scuola primaria, circa 530.000 studenti della III Secondaria di primo grado e circa 475.000 studenti dell’ultimo anno della Secondaria di secondo grado. Questi numeri vengono confrontati con i dati relativi al 2018 e 2019, dato che nel 2020 non è stato possibile svolgere le prove.

Nella scuola primaria il confronto dell’indagine 2021 con la precedente presenta un quadro di sostanziale stabilità. I risultati medi per italiano sono simili a quelli dell’indagine 2019, con un leggero incremento degli allievi che si attestano ai livelli più alti. Per matematica si osserva un leggero calo del risultato medio complessivo e una piccola riduzione del numero degli allievi che raggiungono risultati buoni o molto buoni. Complessivamente buoni e non dissimili da quelli del 2019 sono i risultati per Inglese.

Va tenuto conto del fatto che le scuole elementari hanno sofferto meno delle chiusure legate alla circolazione del virus. Dall’altra parte questo significa che la situazione non è mutata e che tutte le problematiche presenti sono rimaste invariate: il forte divario territoriale, con risultati migliori nel nord-est e peggiori nel sud e nelle isole; il Meridione risulta sempre caratterizzato da una forte incidenza della differenza tra scuole e tra classi, una condizione che produce grandi disuguaglianze dato che la scuola primaria nel Mezzogiorno fatica maggiormente a garantire uguali opportunità a tutti. In generale le piccole differenze che si riscontrano all’interno della scuola primaria si amplificano enormemente nei gradi successivi.(32)

Scuola secondaria di primo grado. Rispetto agli anni precedenti, non raggiunge livelli adeguati di competenza:

  • 39% degli studenti per italiano (5 punti percentuali in più sia rispetto al 2018 sia rispetto al 2019);
  • il 45% degli studenti per matematica (5 punti percentuali in più rispetto al 2018 e 6 punti percentuali in più rispetto al 2019);
  • il 24% degli studenti per inglese-lettura (2 punti percentuali in meno rispetto al 2018 e 2 punti percentuali in più rispetto al 2019)
  • il 41% per inglese-ascolto (3 punti percentuali in meno rispetto al 2018 e 1 punto percentuale in più rispetto al 2019).


Scuola secondaria di secondo grado. Gli studenti hanno un calo vistoso per italiano e matematica, più contenuto, con oscillazioni poco più che fisiologiche, per inglese. Non raggiunge livelli soddisfacenti:

  • il 44% degli studenti per italiano (9 punti percentuali in più rispetto al 2019),
  • il 51% per matematica (9 punti percentuali in più rispetto al 2019),
  • il 51% per inglese-lettura (3 punti percentuali in più rispetto al 2019),
  • il 63% per inglese-ascolto (2 punti percentuali in più rispetto al 2019).


La provenienza socio economica


Se si analizzano i dati presenti sul sito INVALSI con una prospettiva temporale più ampia, appare evidente come negli ultimi 15 anni le prestazioni degli studenti siano andate gradualmente peggiorando. La didattica a distanza ha quindi solo amplificato e forse velocizzato una tendenza presente già da tempo. Dall'analisi emerge come uno dei fattori determinanti nel rendimento scolastico sia la classe sociale di appartenenza. In questo senso aver tolto la scuola come luogo fisico di fruizione di cultura, di socialità, di accesso alla conoscenza, ha enormemente penalizzato chi si trova in una condizione di svantaggio.

A conferma di questa evidenza un dato tra tutti emerso dal rapporto 2021 è la perdita di allievi resilienti, cioè quei ragazzi che pur provenendo da un contesto socio economico difficile riescono a eccellere. Si riduce quindi l’effetto perequativo della scuola(33).

Per la valutazione di questo dato INVALSI utilizza l’ESC, Economic, Social and Cultural Status Index, l’indicatore dello status socio-economico-culturale dello studente, lo stesso utilizzato anche da OCSE PISA. Questo indice si compone di tre elementi: lo status occupazionale dei genitori; il livello d’istruzione dei genitori espresso in anni d’istruzione formale conseguita; il possesso di alcuni beni materiali considerati favorevoli all’apprendimento (libri, luogo di studio, computer, ecc…). Permette di isolare l’impatto del fattore socio economico sui risultati ottenuti dagli studenti a scuola.

Attraverso questa analisi è emerso come in tutte le materie le perdite maggiori di apprendimento si registrano tra gli allievi che provengono da contesti socio-economico-culturali più sfavorevoli. In tutte le materie testate e in tutti i gradi scolastici i punteggi delle prove crescono man mano che aumenta l’indicatore ESCS(34).

Lo stesso dato emerge dall’indagine OCSE PISA 2018(35) (prima dell’impatto pandemico) e si può estendere a tutti i paesi coinvolti(36). Nella Prova di Lettura, ad esempio, il 10% degli allievi con un background più favorevole ha ottenuto un punteggio medio più alto di 141 punti rispetto al 10% degli studenti con una situazione di provenienza più fragile: una differenza pari a più di tre anni di scuola. La differenza di provenienza impatta in modo molto significativo sulle aspettative degli alunni: gli studenti svantaggiati, hanno ambizioni inferiori a quanto ci si aspetterebbe dato il loro rendimento scolastico tanto che circa due studenti svantaggiati su cinque che raggiungono alti livelli non si aspettano di completare l'istruzione terziaria, mentre per i ragazzi che provengono da condizioni migliori sole uno su otto non pensa di andare all’università.

Quest’ultimo dato è lo specchio esatto delle condizioni disastrose della mobilità sociale nel nostro paese (vedi rapporto 2019) dove la classe sociale di partenza conta ormai più di ogni altro fattore nel determinare il destino lavorativo dei cittadini. Nel rapporto sulla mobilità sociale 2020(37), l’Italia si colloca al 34° posto, la Germania 11°, Francia 12°, Spagna 28°, in Europa peggio di noi solo l'Ungheria al 37 ° posto.


Dispersione scolastica implicita ed esplicita 


Conosciamo fin troppo bene il fenomeno della dispersione scolastica (esplicita) cioè quei ragazzi tra i 18 e i 24 anni che hanno abbandonato la scuola avendo conseguito il titolo di scuola secondaria di primo grado (la terza media). Questa popolazione è definita  ELET, Early Leavers from Education and Training. L’Europa ha stabilito un nuovo obiettivo: entro il 2030 ridurre l’abbandono scolastico al 9 %(38). L’Italia al momento non ha raggiunto neppure l’obiettivo fissato per il 2020, 10%, nonostante i forti miglioramenti degli ultimi anni che ci hanno visto passare dal 19% del 2009 al 13,5% del 2019).(39)


C5. Grafico 3 /A • Giovani dai 18 ai 24 anni d'età che hanno abbandonato prematuramente gli studi in Italia e in Europa (EU 27), valori% sul totale della popolazione


Un altro aspetto molto preoccupante che i dati INVALSI ci permettono di leggere è la cosiddetta dispersione implicita(40), cioè quegli studenti dell’ultimo anno di Scuola secondaria di secondo grado che conseguono il diploma senza aver acquisito le competenze fondamentali(41). In questo senso la pandemia ha avuto un effetto fortissimo: nel 2021 in Italia il 9,5% degli studenti termina la Scuola secondaria di secondo grado con competenze di base decisamente inadeguate, 2,5% punti in più rispetto al 2019. Oltre alle modalità con cui si è fatta scuola negli ultimi due anni può avere inciso su questo dato anche l’input arrivato dal Ministero alla “promozione sicura”: nel 2020, in base al D.L. 22/2020(42) tutti gli alunni sono stati ammessi all’Esame di Stato, in deroga a tutti i criteri stabiliti dall’articolo 13, del D.L. 21/2017 (valutazione e frequenza delle lezioni). Nel 2021 l’ammissione all’Esame di Stato è stata possibile anche in questo caso in deroga all’articolo 13 ma al solo comma 2 lettera b(43), gli studenti sono stati ammessi anche senza la sufficienza in tutte le materie(44).

Di sicuro i dati sulla dispersione implicita ricalcano quelli dell’abbandono scolastico sia per tipologia di studenti (più forte tra i maschi e tra i ragazzi stranieri), sia per geografia con una disparità territoriale vertiginosa: Calabria e Campania sono le regioni con i risultati peggiori, rispettivamente il 22,4% e il 20% degli alunni si diploma senza aver acquisito le competenze minime(45), mentre il 16,6% e il 17,3% dei ragazzi al diploma non arriva. Questo significa che in queste due regioni uno studente su tre è disperso. I dati sulla dispersione totale (implicita + esplicita) sono simili in Sicilia 35,9%, Puglia 31,8% e Sardegna 27,2%. La dispersione implicita si riduce invece in Valle d’Aosta (dispersione implicita 1,5% esplicita 11,6%), Piemonte (d.i.2,5% d.e.12%), Trento (d.i. 0% e d.e.19 %), Friuli-Venezia Giulia (1,7% e 8,5%), Molise (6,8% e 8,6%) e Basilicata(10,8% e 10,1%).

In generale nel paese il  23% dei giovani della fascia d’età 18-24 anni ha lasciato la scuola prima di effettuare l’esame di Stato, oppure l’ha terminata senza acquisire competenze di base minime (nel 2019 erano il 22,1%).


C5. Grafico 3 /B  • Giovani dai 18 ai 24 anni d'età che abbandonano prematuramente gli studi





Per concludere riportiamo una riflessione di Luciano Canfora(46), molto critico sulle prove INVALSI, che ci aiuta ad inquadrare il problema della inadeguatezza della scuola a fornire ai ragazzi gli strumenti necessari.

“Che cosa occorre fare secondo lei per tornare alla serietà di cui c’è bisogno?

Questo è un problema enorme. Lo spirito di democratizzazione della scuola che si manifestò verso la fine degli anni Sessanta aveva due esiti possibili, uno positivo e uno negativo. Quello positivo andava nel senso di rifiutare gli atteggiamenti inutilmente e punitivamente autoritari, allargando il più possibile il cerchio degli utenti anche ai ceti che erano tradizionalmente ai margini. Questo non è avvenuto; si è verificato invece un altro fenomeno, un abbassamento del livello scolastico a suon di demagogia. Questo equivoco ha dato alla scuola dei colpi durissimi, dai quali non è facile risollevarsi.

Quindi? Non si può dire: dopodomani cambiamo. Occorre conquistare uno stile diverso. Lo si può fare con l’aiuto del mondo universitario che invece normalmente si tiene ai margini, si disinteressa della scuola o ha verso di essa un approccio puramente possessivo. Occorrerebbe fare un lavoro di collaborazione molto umile ma molto concreto.”



Note


(1) - Gli atenei statali localizzati al Nord sono 24 (4 con più di 60.000 iscritti e solo 1 con meno di 10.000), 19 atenei al Centro (1 con più di 60.000 iscritti, 7 con meno di 10.000 iscritti) e 24 al Sud-Isole (1 con più di 60.000 iscritti, 5 con meno di 10.000)

(2) - GLI ESITI DOPO IL DIPLOMA NELL’ERA DELLA PANDEMIA https://www.almadiploma.it/info/pdf/scuole/occupazione2021/Commento_ai_dati.pdf

(3) - PREVISIONI DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE E DELLE FAMIGLIE | BASE 1/1/2020 https://www.istat.it/it/files/2021/11/REPORT-PREVISIONI-DEMOGRAFICHE.pdf

(4) - scenario mediano, mentre l’intervallo di confidenza al 90% presenta un campo di variazione compreso tra un minimo del 33,1% e un massimo del 36,9%.

(5) - ANNUARIO STATISTICO ITALIANO 2021 https://www.istat.it/storage/ASI/2021/ASI_2021.pdf

(6) - BES 2021 ISTAT https://www.istat.it/it/files/2021/03/BES_2020.pdf

(7) - ISTAT Annuario Statistico Italiano 2021 https://www.istat.it/storage/ASI/2021/ASI_2021.pdf

(8) - Neither in Employment nor in Education and Training

(9) - Dossier Statistico Immigrazione 2021 https://www.aziendaisola.it/public/Dossier-Statistico-Immigrazione-2021.pdf

(10) - Corte dei conti referto sull’università https://www.corteconti.it/Download?id=5078c35f-a683-482b-821c-33e05f1ac3e5

(11) - CORTE DEI CONTI REFERTO SULLE UNIVERSITÀ 2021 https://www.corteconti.it/Download?id=5078c35f-a683-482b-821c-33e05f1ac3e5

(12) - Online Teaching, Procrastination and Students’ Achievement: Evidence from COVID-19 Induced Remote Learning Maria De Paola, Francesca Gioia, Vincenzo Scoppa in IZA https://www.iza.org/publications/dp/15031/online-teaching-procrastination-and-students-achievement-evidence-from-covid-19-induced-remote-learning

(13) - CORTE DEI CONTI REFERTO SULLE UNIVERSITÀ 2021. Per maggiori approfondimenti sulla legislazione delle università telematiche si rimanda a pag 175

(14) - anno in cui alla formula istitutiva “senza oneri a carico del bilancio dello Stato”, contenuta nel testo di legge nella sua prima formulazione, è stata aggiunta una clausola di rinvio, a “quanto previsto dalla legge 29 luglio 1991, n. 243…128 (art. 4, comma 1-bis, del d.l. n. 35/2005, convertito dalla legge 14 maggio 2005, n. 80). Si tratta della legge che regola l’operatività delle Università e Istituti superiori non statali legalmente riconosciuti e ne disciplina la possibile contribuzione pubblica in ossequio ai principi costituzionali della libertà di insegnamento di cui all’art. 33 Cost..

(15) - “A-tel, molto positivo; B-tel, pienamente soddisfacente; C-tel, soddisfacente; Dtel, condizionato; E-tel, insoddisfacente.” Gli indici di valutazione per il periodo 2016-2019 sono riportati nel d.m. n. 987/2016

(16) - Con tale termine si fa riferimento a un ambiente online alimentato da dati, organizzato attraverso algoritmi e interfacce, formalizzato attraverso rapporti di proprietà, orientato a modelli di business e governato da specifici termini di utilizzo per gli utenti, ma con obiettivi di tipo educativo.

(17) - Didattica Digitale Integrata e tutela della privacy: indicazioni generali Ministero dell’istruzione https://www.istruzione.it/rientriamoascuola/allegati/Didattica-Digitale-Integrata-e-tutela-della-privacy-Indicazioni-generali.pdf Didattica Digitale Integrata e tutela della privacy: indicazioni generali

(18) - Due esempi: Consortium GARR, un’associazione senza fini di lucro fondata sotto l’egida del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, composta da CNR, ENEA, INAF, INFN, INGV e tutte le università italiane rappresentate dalla Fondazione CRUI. Big Blue Bottom, in uso al Politecnico di Torino da più di 10 anni, è un software open source specifico per la didattica on-line Funziona su tutti i dispositivi e S.O. dentro un browser (WEBRTC), non richiede account, semplice registrazione e pubblicazione lezioni, integrabile, estendibile e personalizzabile nelle sue funzionalità.

(19) - La “Posta Elettronica” negli Atenei Italiani Damiano Verzulli https://dvblog.soabit.com/la-posta-elettronica-negli-atenei-italiani/

(20) - Università delle piattaforme: la DAD, il business dei dati personali e la fine dell’autonomia Roberto Caso https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/privacy/universita-delle-piattaforme-la-dad-il-business-dei-dati-personali-e-la-fine-dellautonomia/

(21) - L’istruzione in mano alle piattaforme digitali: responsabilità e problemi da considerare IDA CORTONI https://www.agendadigitale.eu/scuola-digitale/listruzione-in-mano-alle-piattaforme-digitali-responsabilita-e-problemi-da-considerare/

(22) - Università delle piattaforme: la DAD, il business dei dati personali e la fine dell’autonomia Roberto Caso https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/privacy/universita-delle-piattaforme-la-dad-il-business-dei-dati-personali-e-la-fine-dellautonomia/

(23) - Ed-Tech rappresenta la frazione “tecnologica" dell'educazione, che comprende lezioni al pc ma anche realtà virtuale e aumentata

(24) - Oltre la dad: le piattaforme che hanno fatto dell'istruzione digitale un business miliardario https://www.wired.it/gallery/istruzione-online-dad-piattaforme/

(25) - Go Student https://www.gostudent.org/it

(26) - Coursera https://www.coursera.org/

(27) - Corsi pensati per coinvolgere a distanza un numero elevato di studenti che provengano da paesi diversi e da diverse condizioni.

(28) - Jeff Maggioncalda: L’online learning, non solo scuola e accademia ma anche reskilling https://www.wired.it/video/watch/jeff-maggioncalda-lonline-learning-non-solo-scuola-e-accademia-ma-anche-reskilling

(29) -

(30) - Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione

(31) - L’effetto scuola valuta il peso dei fattori esterni alla scuola rispetto a quelli interni, e si calcola sottraendo al punteggio ottenuto dagli studenti alla fine del ciclo scolastico quello d’ingresso, ottenuto al termine del ciclo precedente, tenendo conto anche di quello che gli allievi possedevano al momento dell’ingresso. Questo viene stimato in base a una serie di fattori individuali e sociali relativi al contesto personale e scolastico, come ad esempio il genere, la nazionalità, la data di arrivo della famiglia in Italia, il contesto socioeconomico medio della scuola frequentata, il fatto di essere in anticipo o in ritardo nel percorso scolastico, il numero di ore dedicate all’italiano e alla matematica, ecc. Effetto scuola https://www.invalsiopen.it/risultati/effetto-scuola-prove-nazionali/

(32) - RILEVAZIONI NAZIONALI DEGLI APPRENDIMENTI 2020-21 https://invalsi-areaprove.cineca.it/docs/2021/Rilevazioni_Nazionali/Rapporto/14_07_2021/Sintesi_Primi_Risultati_Prove_INVALSI_2021.pdf#page=3

(33) - Roberto Ricci, presidente INVALSI, intervento XI Commissione (lavoro pubblico e privato) della Camera dei Deputati Pandemia e disuguaglianze nel mondo del lavoro, audizione Invalsi https://www.camera.it/leg18/1132?shadow_primapagina=12830

(34) - Approfondimento INVALSI 2019 https://www.invalsiopen.it/rapporto-invalsi-2019-indicatore-escs/

(35) - PISA - acronimo di Programme for International Student Assessment - è un’indagine internazionale promossa dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) oggi alla sua settima edizione (PISA 2018) che ha coinvolto 79 Paesi.

(36) - Programme for international student assessment (PISA) results from PISA 2018 https://www.oecd.org/pisa/publications/PISA2018_CN_ITA_IT.pdf

(37) - The Global Social Mobility Report 2020 Equality, Opportunity and a New Economic Imperative https://www3.weforum.org/docs/Global_Social_Mobility_Report.pdf

(38) - Risoluzione del Consiglio su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione verso uno spazio europeo dell’istruzione e oltre (2021-2030) - Febbraio 2021 https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32021G0226(01)&from=EN

(39) - Per un approfondimento si rimanda al rapporto 2019; rapporto ISTAT dispersione scolastica 2021 https://www.istat.it/it/files/2021/07/Istat-Audizione-Dispersione-scolastica_18-giugno-2021.pdf

(40) - La Dispersione scolastica in Italia INVALSI https://www.invalsiopen.it/risultati/risultati-prove-invalsi-2021/dispersione-scolastica-italia/

(41) - Le diseguaglianze che non si vedono senza dati per tutti https://www.invalsiopen.it/leggere-diseguaglianze-dati/#:~:text=Con%20la%20pandemia%20sono%20aumentati,in%20pi%C3%B9%20rispetto%20al%202019

(42) - DECRETO-LEGGE 8 aprile 2020, n. 22 Misure urgenti sulla regolare conclusione e l'ordinato avvio dell'anno scolastico e sullo svolgimento degli esami di Stato. (20G00042) (GU Serie Generale n.93 del 08-04-2020) https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/04/08/20G00042/sg

(43) - DECRETO LEGISLATIVO 13 aprile 2017, n. 62 Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera i), della legge 13 luglio 2015, n. 107. https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/05/16/17G00070/sg

(44) - Esami di Stato nel secondo ciclo di istruzione per l’anno scolastico 2020/2021. https://www.miur.gov.it/documents/20182/5407202/OM-Esami+di+Stato+nel+secondo+ciclo+di+istruzione+per+l-anno+scolastico+20202021.pdf/087431c4-6103-202c-29c1-26f250044730?t=1614865421465

(45) - Le diseguaglianze che non si vedono senza dati per tutti https://www.invalsiopen.it/leggere-diseguaglianze-dati/

(46) - Intervista a Luciano Canfora 04.05.2013 Il SUssudiario https://www.ilsussidiario.net/news/educazione/2013/5/4/scuola-canfora-via-subito-la-riforma-gelmini-e-l-invalsi/389570/

Simonetta Salacone

Simonetta Salacone

(Roma 1945 - Roma 2017)
IN RICORDO DI SIMONETTA SALACONE, INSEGNANTE E DIRETTRICE RIBELLE: PORTÒ AVANTI PER DECENNI UN’IDEA DI SCUOLA DEMOCRATICA, APERTA A TUTTI E CHE MIRASSE DAVVERO A DARE UN’OPPORTUNITÀ AI BAMBINI SVANTAGGIATI

“Non è giusto, c’era ancora così tanto da fare…”

Pare furono queste le ultime parole di Simonetta Salacone sul suo letto di morte, il 26 gennaio del 2017. Aveva 73 anni, Simonetta, e un passato come insegnante e poi direttrice dell’istituto Iqbal Masih di Roma. C’era tanto da fare, per Simonetta: lei non era stata un’insegnante come le altre. Perché la scuola e l’insegnamento, per lei, non erano mai state solo una semplice fonte di reddito, un’occupazione come un'altra. Insegnare era una missione, un laboratorio, il fondamento stesso della società del domani. 

E la scuola non era quattro mura nelle quali farcire di nozioni i ragazzi ed educarli al rispetto cieco della disciplina e delle gerarchie. Ma un luogo di partecipazione, dove insegnanti, genitori e alunni possano imparare il valore dello scambio, della partecipazione, del confronto. Tutto questo in un istituto del quartiere Casilino, nella periferia romana.

Le stesse opportunità che in qualche modo le erano state negate quando, da piccola, perse il papà e scoprì improvvisamente di essere “povera”, vedendosi precluse opportunità riservate solo ai “ricchi”. Che scuola è quella che educa a differenze simili? Che scuola è quella che non dà a ciascun alunno una possibilità di sviluppare la sua personalità, i suoi interessi, le sue passioni?

Allora ecco che la sua, di scuola, alternava l’insegnamento alle feste, le cene, le raccolte fondi, le mobilitazioni contro lo sgombero di famiglie con bambini di ogni nazionalità. Gli eventi organizzati con gli alunni, dove ognuno decideva cosa fare e come farlo. Inutile dire che un atteggiamento simile la mise nel mirino delle istituzioni. Fece una strenua opposizione a tutte le riforme della scuola della seconda metà degli anni Duemila: mobilitò insegnanti, cuochi, bidelli, gli studenti e i loro genitori. E poi il caso che la fece balzare agli onori delle cronache: nel 2009 rifiutò di far rispettare il minuto di silenzio per i militari morti in Afghanistan, in netta polemica col ministro Gelmini. “Non è stata una scelta polemica ma pedagogica. In ogni caso una vera missione di pace va fatta con dottori e insegnanti non con i militari”, dirà. Questa era Simonetta Salacone.

Ci pare doveroso terminare il post con un pezzo della bella canzone a lei dedicata dagli Assalti Frontali:

"E dall’America alla Turchia

venivano a vedere questa scuola di democrazia

dove gli ultimi e i primi sono fratelli nei viaggi

e i sordi parlano e ci fanno saggi

e culture lontane diventano vicine

e non si chiede il passaporto ai bambini e le bambine"