loaderloading...
Lavoro

Il punto della situazione


Diritto al lavoro e garanzia di reddito: tra retorica dell’occupabilità e limitazione delle forme di sostegno al reddito. Nella precedente edizione del Rapporto avevamo sottolineato come gli eventi determinati dalla pandemia da Covid-19 avevano contribuito ad acuire le condizioni di precarietà e difficoltà economica di 20% dei cittadini a rischio di povertà e avevamo considerato che l’introduzione del Reddito di Cittadinanza e del Reddito di Emergenza, pur con dei limiti, avevano comunque consentito a circa 4 milioni di persone di non cadere in una situazione di estrema indigenza.

Queste nostre considerazioni trovavano la loro corrispondenza in una serie di indicazioni elaborate da associazioni, fondazioni e agenzie impegnate nella lotta e nel contrasto ai fenomeni di marginalità sociale ed economica delle fasce più deboli della popolazione, fatte proprie dal lavoro del Comitato Scientifico per il reddito di Cittadinanza, presso il Ministero del Lavoro, nel novembre 2021(1). Tali proposte non solo però sono rimaste lettera morta ma per tutto l’arco dell’anno l’attenzione politico mediatica riguardante le tematiche relative alle misure di contrasto alla povertà e alla marginalizzazione sociale è risultata di tutt’altro tenore. Si è di fatto scatenata una vera a propria campagna di demonizzazione del RdC che è stato da più parti rappresentato come una sorta di strumento depressivo e disincentivante all’impegno verso la ricerca di un lavoro “dignitoso” da parte delle persone in condizioni di marginalità occupazionale. A supporto di tale campagna politico mediatica sono state portate notizie e informazioni riguardanti in particolare episodi di accesso truffaldino al RdC che, alla prova dei fatti - da quanto emerso dalle azioni di controllo e dalle sanzioni effettivamente comminate da parte dell’INPS - hanno riguardato una percentuale compresa tra 1,5% e 2% dei percettori del Reddito. Con l’avvio della campagna elettorale, il centrodestra ha reso esplicita nel proprio programma l’intenzione di sostituire il Reddito con “misure di inclusione sociale, di politiche attive di formazione e di inserimento nel mondo del lavoro”. D’altro canto, anche le forze appartenenti “Terzo Polo” si sono impegnate a promuovere o una riforma sostanziale, più “lavorista”, o a portare avanti il referendum per l’abolizione del reddito. Con l’insediamento del nuovo Governo, le intenzioni annunciate hanno trovato una prima concreta attuazione in diverse misure contenute nel decreto lavoro dello scorso agosto che ha, di fatto, ristretto in maniera sostanziale la platea dei potenziali beneficiari di RdC. Sono stati infatti esclusi coloro che per ragioni di età e condizioni familiari vengono considerati “impiegabili”. Per costoro la possibilità di accedere a misure di sostegno al reddito è legata alla frequenza di corsi di istruzione professionale e all’attivazione di un percorso che prevede l’obbligo di iscriversi al Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa e la compilazione del” Patto di attivazione digitale”. I richiedenti dovranno indicare almeno tre agenzie interinali o altri enti autorizzati, per ricevere offerte di formazione e di lavoro adatte ai loro profili professionali. Viene inoltre previsto il decadimento dell’accesso al beneficio economico nel caso in cui la persona che ha sottoscritto il patto rifiuti le proposte di inserimento lavorativo che gli verranno sottoposte dalle agenzie per l’impiego senza poterne valutare l’effettiva congruità. Nelle more di questo provvedimento e in attesa di verificare la reale attivazione di questo “ambizioso” sistema e la sua reale capacità di incidere sulle condizioni di debolezza strutturale del mercato del lavoro e di migliorare l’esistenza di quei circa dieci milioni di italiani che si trovano in condizioni di difficoltà e deprivazione socio-economica, il primo risultato ottenuto è rappresentato da una significativa riduzione del numero di persone che nel 2023 hanno potuto avere accesso al reddito di Cittadinanza. Secondo i dati dell’INPS sono infatti passate da 3.492.800 le persone che nel 2022 hanno percepito almeno una mensilità di Reddito di cittadinanza a 2.822.600 nel 2023 e sono destinate a ridursi ancor più drasticamente non appena diventeranno operativi gli effetti del decreto. Questo cambiamento radicale della sensibilità politica nei confronti della marginalità socioeconomica si innesta in un contesto che tra il 2021 e il 2022 non ha fatto registrare significativi segnali di miglioramento e che rischia di peggiorare ulteriormente a causa del rallentamento generalizzato dell’economia globale.

Facendo una stima sulla base dei dati diffusi periodicamente da Istat e da una serie complessa di ricerche sul campo si può valutare che un insieme compreso tra 7 e 9 milioni di persone si trova in una condizione lavorativa a bassa o nulla tutela(3). La pandemia ha ulteriormente aggravato ed esteso il fenomeno e neanche la ripresa economica nel biennio 2021-22 ha portato benefici e miglioramenti tangibili per le fasce di popolazione a rischio di povertà e per i lavoratori poveri. Anche se il numero di occupati è cresciuto, a fine 2022 lo stock complessivo è rimasto sostanzialmente uguale al 2019(4). Inoltre, bisogna considerare che quel modesto recupero occupazionale rispetto ha riguardato i lavoratori uomini mentre il numero di donne occupate a fine 2022 risulta ancora di poco inferiore a quello che si registrava nel periodo prepandemico.



In generale non è mutata la percentuale di persone a rischio di povertà che, dopo essersi leggermente ridotta nel 2019 anche grazie all’introduzione delle prime misure di sostegno universale al reddito (Rei e RdC), è poi tornata a crescere durante la pandemia per rimanere stabile al 20% nei due anni successivi. Non sembra essere migliorata neanche la condizione dei lavoratori poveri la cui percentuale sul totale dei cittadini maggiorenni, secondo Eurostat, è stabilmente sopra l’11% e che riguarda oltre 4 milioni e seicentomila persone che nel 2021 hanno percepito una retribuzione complessiva annua inferiore ai 12mila euro secondo quanto indicato da Istat nel corso della audizione sulla proposta di legge dell’opposizione sul salario minimo del luglio 2023(5).



Raccomandazioni


  • Affrontare il tema del diritto al lavoro e al reddito in ottica universalistica superando la distinzione tra “occupabili e non occupabili”;


  • Ripristinare una misura universale di sostegno al reddito o reddito di cittadinanza;


  • Istituire un salario minimo legale;


  • Garantire una effettiva parità di genere nelle retribuzioni;


  • Contrastare e rimuovere gli ostacoli che limitano l’accesso al lavoro stabile e a tempo indeterminato della componente femminile della popolazione attiva;


  • Promuovere misure di welfare universalistico e di rimodulazione degli orari e delle condizioni logistiche del lavoro volte a migliorare la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro;


  • Adottare facilitazioni e misure premiali per le aziende che intervengono con azioni positive per incrementare l’effettiva conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro;


  • Adottare politiche orientate a una maggiore equità nella distribuzione di redditi e patrimoni nel nostro paese e nell’intero territorio dell’Unione Europea.


  • Approvare una tassa di successione per il trasferimento di patrimoni superiori a una soglia, da determinare e rimodulare su base quinquennale, al fine di finanziare misure di sostegno economico per l’autonomia dei giovani al compimento della maggiore età;


  • Potenziare i centri per l’impiego pubblici e più in generale delle strutture promotrici delle politiche attive del lavoro anche come strutture di supporto per la sharing economy e il coworking.



Note


(1) - https://www.lavoro.gov.it/priorita/Documents/Dieci-proposte-RdC.pdf

(2) - Elaborazioni su dati ISTAT su occupazione e rapporti sul mercato del lavoro. Il 35% è la percentuale di lavoratori dipendenti a tempo pieno con contratto a tempo indeterminato sul numero di persone in età lavorativa (circa 38 milioni, tra cui vi sono anche 4 milioni di studenti).

(3) - Fonti Principali: Rapporto Annuale Istat 2023 Capitolo 2 “Cambiamenti del mercato del lavoro e investimenti nel capitale umano; Dati periodici sull’occupazione e in particolare sul numero di persone in part time involontario); Audizione Istat su salario minimo; INPS Osservatorio sul Precariato; Rapporti annuali sul mercato del lavoro Istat-Inps, Inail, Anpal.

(4) - Fonte ISTAT.

(5) - Si veda: https://www.istat.it/it/files/2023/07/Audizione-Salario-minimo-12072023.pdf

Abd Elsalam Ahmed Eldanf

Abd Elsalam Ahmed Eldanf

(1963?-2016)
ABD ELSALAM AHMED ELDANF AVEVA 53 ANNI, UN LAVORO E UN’IDEA FERMA NELLA MENTE: NIENTE PRECARIATO PER NESSUNO DEI SUOI COMPAGNI LAVORATORI. PER QUESTO FU UCCISO DURANTE UN PICCHETTO DI PROTESTA A PIACENZA

“Abd Elsalam Ahmed Eldanf il posto fisso e sicuro lo aveva, ha fatto una scelta di classe e di fratellanza: ha deciso di battersi per i suoi compagni ed è stato assassinato”. Parole pesanti hanno fatto da eco alla morte di Abd Elsalam, sin dai giorni successivi a quello che da un lato è stato prontamente definito “tragico incidente”, e dall’altro “omicidio padronale”. E lo stesso Abd Elsalam, con il suo attivismo, faceva a sua volta da eco ad altre parole ed altre lotte; viene in mente, a leggerne la vicenda, quel “nessuno è libero se tutti non sono liberi”.

Non era un precario, Abd Elsalam, ma molti dei suoi compagni lo erano. E quando l’azienda per la quale erano impiegati nel settore della logistica venne meno agli accordi sul posto fisso e su quel precariato, lui insieme a tanti altri non esitarono a protestare e scioperare. “Parti! Vai!”, anche poche parole possono avere effetti devastanti; quelle furono le parole sentite dai compagni di Abd Elsalam, rivolte a uno dei trasportatori dell’azienda, quella brutta notte del 14 settembre 2016.

Quel presidio c’era chi voleva forzarlo e disperderlo, quello stesso presidio la cui presenza fu addirittura negata dagli inquirenti, forse per far venir meno l’intera tesi dell’incitamento a partire nei confronti del tir. La verità, l’unica verità che fu subito irrimediabilmente evidente a tutti, è la morte di Abd Elsalam, investito da quel tir.  

Da lavoratore migrante si era impiegato nel campo della logistica, uno dei più problematici dal punto di vista della tutela dei diritti e delle condizioni di lavoro, ma (e forse anche perché) tra i comparti cruciali per l’economia del mercato. E lui, col suo posto fisso già assicurato, non sopportava di vedere i suoi compagni ancora precari e ai limiti dello sfruttamento. Azioni importanti, sulle barricate dei diritti, megafono in mano, rabbia e speranza nel cuore, resistono anche davanti alla morte, e trovano eco nelle parole, come quelle di questa canzone:


“Va bene anche allearsi con la morte

se serve a garantirsi il frigo pieno.

Va bene fare scorte, calpestare un po’ più forte,

far passar sopra il corpo un autotreno.

Se c’è chi vuol spezzare la catena,

conflitto tra lavoro e capitale,

fra un Tir lanciato ed una pancia piena

finirà di certo molto molto molto molto male.

Così che nella notte di Piacenza

un egiziano è stato calpestato

per lui non c’è più ombra di clemenza,

quel picchetto era una sfida al nostro vivere beato.

Beata la coscienza della notte,

beato il nostro vivere civile,

beato il nostro frigo che s’inghiotte

questo residuale senso dell’umanità servile.

Abd el-Salam perdona noi

per tutte le magnifiche buone intenzioni

di cui è asfaltata questa via,

per quest’inferno di crumiri ed esclusioni

Abd Elsalam perdona noi,

qui da Piacenza che si muovono le merci,

di cui si asfalta pure te

che ti sei osato di frapporre fra i commerci”

 

La canzone è “Abd El Salam” di Alessio Lega

https://www.youtube.com/watch?v=q1zuS6xcQ2s