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Migrazioni e integrazione

Il punto della situazione


Nel 2022, le persone straniere residenti in Italia sono poco più di 5 milioni (8,5% della popolazione residente)(1), di cui più della metà provenienti da Paesi non UE. Il Decreto flussi 2022 ha aumentato le quote di ingresso annuali. Dalle circa 30.000 degli ultimi anni alle 69.700 per il 2022. Si tratta di un incremento apprezzabile che, tuttavia, non va a incidere sulle criticità del Testo unico sull’immigrazione (TUI), tra cui vi è l’assenza di canali regolari e accessibili da chi vuole entrare per lavoro o per ricerca lavoro. Proprio nel 2022 ricorrono i 20 anni della cd. Legge Bossi-Fini: il provvedimento che ha vincolato la possibilità di rilascio del visto alla presenza di un’offerta di lavoro. Un requisito stringente che da un lato impedisce a chiunque voglia cercare lavoro la possibilità di entrare regolarmente e dall’altro costringe a pratiche elusive, come nel caso di chi è già presente in maniera irregolare in Italia e che, non potendo accedere a un documento pur in presenza di un’offerta di lavoro o di un rapporto di lavoro irregolare, deve rientrare nel paese d’origine in attesa dell’esito della domanda. Un’altra carenza sistemica riguarda proprio i percorsi di regolarizzazione per chi è già presente sul territorio. Una volta subentrata la condizione di irregolarità, è quasi impossibile sanarla. Il Legislatore ha sempre preferito avvalersi di programmi sporadici per tamponare un’emergenza ma non per risolverla. A distanza di due anni e mezzo dalla Regolarizzazione 2020, meno della metà delle domande si sono concluse con il rilascio di un permesso di soggiorno. Quanto sopra esposto è anche tra le principali cause dell’irregolarità del soggiorno. Nel 2022, si stimavano più di 500.000 persone in questa condizione(2). Infine, per quanto riguarda la modifica della legge sulla cittadinanza risalante ormai al 1992, non si registrano particolari innovazioni. Dal 2018 è al vaglio della Camera una proposta di legge incentrata sul cd. ius scholae: la possibilità per i e le minorennə stranierə, natə in Italia o che vi hanno fatto ingresso entro il dodicesimo anno di età, di poter acquisite la cittadinanza italiana dopo aver completato un ciclo di studi, al compimento della maggiore età(3). Si tratta di una riforma meno radicale del cd. ius soli, cioè la naturalizzazione per nascita sul territorio, ma che appare ormai necessaria. La proposta è stata discussa in Commissione I Affari costituzionali ma non è mai arrivata in aula per l’esame.

Il Decreto flussi 2022. Il Decreto 2022 ha fissato a 69.700 la quota massima di ingressi dall’estero di cui: 27.000 per lavoro subordinato non stagionale e autonomo e 42.000 per lavoro subordinato stagionale nel settore agricolo e turistico-alberghiero. Un’interessante novità è lo stock di 14.000 quote, tra quelle per lavoro subordinato stagionale, riservate alle domande presentate dalle organizzazioni di rappresentanza dei datori di lavoro. Come prevedibile, la fissazione di un termine per la presentazione delle istanze (9/1/2022 – 17/3/2022), ha generato una corsa alla domanda. Sono oltre 200.000 quelle presentate(4). Questa sproporzione è costante negli anni e rivela i forti limiti del sistema italiano. Ulteriore criticità è rappresentata dai noti ritardi della procedura. Il Governo, a giugno 2022, ha infatti introdotto alcune semplificazioni che riguardano il Decreto flussi 2021 e 2022. In sintesi, le principali disposizioni prevedono:

  • la riduzione dei termini per il rilascio del nulla osta al lavoro e del visto di ingresso, anche in assenza dei pareri della Questura – Ufficio immigrazione e dell’Ispettorato territoriale del lavoro, decorsi i termini previsti;
  • la possibilità per alcune figure intermediarie o alle organizzazioni rappresentative del mondo datoriale di verificare la regolarità dei requisiti di datori e datrici di lavoro che presentano domanda.


Le nuove disposizioni si applicano anche a beneficio delle persone straniere irregolarmente presenti in Italia dal 1/5/2022 e per le quali è stata già presentata domanda per l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato. Si tratta di lavoratori e lavoratrici che, cessato il precedente impiego e conseguentemente il titolo di soggiorno, avrebbero dovuto rientrare nel Paese di origine e attendere il buon esito della domanda presentata dal datore.

L’irregolarità del soggiorno come effetto della normativa italiana. Il tema dell’irregolarità del soggiorno è di prioritaria importanza. Le stime più attuali parlano di circa mezzo milione di persone sprovviste di permesso, in condizioni di marginalità e ricattabilità. L’irregolarità non sempre è originaria, cioè quando una persona entra e permane irregolarmente sul territorio nazionale. Si può anche subentrare nell’irregolarità con estrema facilità ma non è quasi mai possibile il contrario – salvo nel caso della domanda di protezione internazionale o di particolari permessi di soggiorno collegati a vulnerabilità o sfruttamento. Un’altra rilevante carenza della disciplina italiana è, appunto, l’assenza di un canale di regolarizzazione per tutte quelle situazioni che invece non richiederebbero una particolare protezione. Il caso più emblematico è quello del lavoratore o della lavoratrice che ha la disponibilità di un’offerta di lavoro regolare ovvero è impiegatə irregolarmente. In nessun caso il TUI prevede la possibilità di formalizzare il rapporto e regolarizzare il soggiorno. Per questo motivo, anche chi non ha i requisiti per il riconoscimento della protezione internazionale è costrettə a presentare domanda di asilo. L’unica eccezione è rappresentata dal ricorso alla sanatoria, ossia quel provvedimento ad hoc, adottato in circostanze particolari (quando cioè la stima delle presenze irregolari può destare preoccupazione ovvero quando è necessaria manodopera in un determinato comparto produttivo). La storia delle sanatorie in Italia ha avuto inizio nel 1986 fino alla più attuale, la Regolarizzazione 2020. I più evidenti limiti di uno strumento di questo tipo sono la sua eccezionalità, l’individuazione di pochi e determinati settori lavorativi, l’estensione a una platea ben determinata e limitata di beneficiariə e i ritardi nella lavorazione delle domande da parte della PA. Basti pensare che, trascorsi ormai più di due anni dall’avvio della Regolarizzazione 2020, meno della metà delle persone ha ricevuto una risposta formale e ancora meno il rilascio del titolo di soggiorno(5).


Raccomandazioni


  • Riformare in maniera organica il Testo unico sull’immigrazione;


  • Superare il sistema Decreto di programmazione triennale dei flussi e dei Decreti flussi;


  • Creare canali di accesso regolare, funzionali e accessibili, anche per ricerca lavoro ovvero attraverso un sistema di sponsorship privata;


  • Introdurre un meccanismo di regolarizzazione su base individuale per motivi di lavoro e/o comprovata integrazione, alternativo alla domanda di asilo;


  • Potenziare l’organico delle PA coinvolto nelle procedure di ingresso regolare e di rilascio dei permessi di soggiorno;


  • Riformare la Legge sull’acquisizione della cittadinanza, introducendo l’istituto dello ius soli.



Note


(1) - https://noi-italia.istat.it/pagina.php?L=0&categoria=4&dove=ITA#:~:text=Al%201%C2%B0%20gennaio%202022%2C%20risiedono%20in%20Italia%20circa%205,mila%20non%20censite%2C%20nel%202021.

(2) - https://www.ismu.org/wp-content/uploads/2023/02/Ortensi_XXVIII-Rapp_1Mar23.pdf

(3) - https://documenti.camera.it/leg18/dossier/pdf/AC0171.pdf?_1698921160567

(4) - https://integrazionemigranti.gov.it/it-it/Ricerca-news/Dettaglio-news/id/2501/Flussi-2021-presentate-oltre-200-mila-domande-per-ingressi-per-lavoro-e-conversioni

(5) - https://erostraniero.radicali.it/wp-content/uploads/2022/12/Monitoraggio-regolarizzazione_aggiornamento-dicembre-2022.pdf

Pap Khouma

Pap Khouma

(Dakar, 1957 - )
DAL SENEGAL, AL LAVORO COME VENDITORE AMBULANTE, ALLA SCRITTURA: LA STORIA DI PAP KHOUMA, UNA VITA PASSATA A RACCONTARE GLI IMMIGRATI E L’INTEGRAZIONE IN ITALIA

Italia, 1984. Pap Khouma arriva a Milano dal Senegal. Quella che oggi è la storia individuale di milioni di persona era, al tempo, quasi un fatto curioso in un paese che, fino a meno di venti anni prima, era terra quasi esclusivamente di emigrazione. Passano gli anni e Pap impara l’italiano e considera l’Italia e Milano come la sua seconda casa. Siamo nel 1989 e ci sono più immigrati in Italia rispetto a cinque anni prima: sono poco più di mezzo milione.

E rimangono così, nell’ombra, in disparte, visibili solo nei grandi centri urbani. Ma le loro storie iniziano ad affacciarsi nel vissuto dell’Italia che cambia: troppo marginali per essere già oggetto di speculazione politica ma comunque oggetto di interesse per gli italiani, spesso poco abituati a vedere in giro per le grandi città italiane persone differenti dai soliti turisti.

Queste sono le storie che decide di raccontare Pap Khouma. La sua storia e la storia di molti altri. Quando gli venne chiesto di raccontare la storia di altri migranti, ricorda come “all’origine dell’inchiesta vi era un senegalese che aveva iniziato a lavorare in una storica caffetteria di Firenze”; non scandalo ma curiosità, appunto, e il sorgere delle prime domande riguardo gli “stranieri” che venivano a vivere qui, in Italia.

Da questa indagine trasse lo spunto per il libro che lo renderà famoso, “Io, venditore di elefanti. Una vita per forza tra Parigi, Dakar e Milano”. Chi erano queste persone? Da dove venivano? Perché venivano in Italia? Tante le domande alle quali il libro provava a rispondere. Il punto centrale era però chiaro: il punto di contatto tra il desiderio di una vita migliore e il rapporto con una cultura e un ambiente completamente diverso. E una situazione in cui, pur riuscendo in molti casi ad essere “in regola” da un mero punto di vista formale, si finiva relegati ai margini - quelli fisici delle periferie ma allo stesso tempo sociali - del paese ospitante. Proprio da quella esperienza Pap Khouma troverà il suo “posto” nella sua nuova vita. Dopo anni passati a vendere elefanti di ceramica (da qui il titolo del libro), infatti, il successo avuto con la sua pubblicazione lo aiuterà ad affermarsi nel mondo della cultura e dell’editoria. Inizierà a scrivere di letteratura e migranti su riviste specializzate, pubblicherà nuovi libri e inizierà a lavorare in una grande libreria milanese, occupandosi dei libri stranieri. E porterà i suoi racconti anche nelle scuole, conscio che l’educazione ha un ruolo fondamentale nel prevenire il razzismo e la discriminazione.

Dall’uscita di “Io, venditore di elefanti” sono passati ormai 30 anni. Cosa e quanto è cambiato da allora? Rispondiamo e concludiamo questa storia proprio con le parole di Pap Khouma, estrapolate da un’intervista risalente al 2018:


“Oggi viviamo un momento difficile, soprattutto per chi è immigrato e ha la pelle nera. Nei talk show si va solo a litigare. Si può trovare spazio con il politico di turno che vuol far crescere i propri consensi sparando contro gli immigrati. Spesso ci sono uno o due africani che si difendono, dicendo: ‘Noi non siamo così”. Chi attacca e chi difende, insomma, come in un gioco di ruolo. La verità e’ che però mancano gli spazi per scrivere e riflettere [...]”